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L'intervista

Roberto Baggio, la figlia Valentina: «Volevo cambiare cognome. Papà? Ci siamo conosciuti durante il lockdown»

La figlia del Divin Codino si è raccontata nel podcast Fightgently Talks. «Da piccola ho sofferto tanto, non era mai a casa. Io ricca? Ho sempre lavorato»
Valentina e Roberto Baggio (foto Instagram @v_baggio)
Valentina e Roberto Baggio (foto Instagram @v_baggio)
Valentina e Roberto Baggio (foto Instagram @v_baggio)
Valentina e Roberto Baggio (foto Instagram @v_baggio)

«C'è stato un periodo della mia vita in cui ho chiesto ai miei genitori "ma se io cambiassi cognome?"». Perché non è sempre facile essere "figli di". Ne sa qualcosa Valentina Baggio, figlia del Divin Codino, che si è raccontata nel podcast "Fightgently Talks" di Vanessa Villa. Un cognome importante il suo che ha pesato, e molto, soprattutto in passato. Valentina, che oggi ha 34 anni, si occupa di comunicazione e ora è anche la social media manager del padre, Roberto Baggio (è stata lei lo scorso 18 febbraio ad aprire, per la prima volta, un profilo Instagram ufficiale di Baggio). 

Baggio, un cognome ingombrante

«Quando ero piccola avevo per lo più amici maschi, perché i ragazzini erano super interessati a sapere di mio padre, mi chiedevano gli autografi... Non ero ben vista dalle altre ragazze - ha spiegato nel corso del podcast -. Per tutti ero "la figlia di Baggio", ma io dicevo "Provate a conoscermi, io sono io e lui è lui"». Poi ha rivelato: «C'è stato un periodo della mia vita in cui ho chiesto ai miei genitori "ma se io cambiassi cognome?", perché comunque la gente sente "Baggio" fa subito il collegamento e poi ti tratta in maniera diversa. Quanti amici o persone ho avuto intorno solo perché sono la figlia di Baggio?». Un'etichetta difficile da scrollarsi di dosso. «Le persone te lo fanno pesare e questa cosa dell'etichetta mi ha sempre dato un enorme fastidio, sarà per questo che io sono così aperta mentalmente e non giudico mai».

 

«Ho sempre lavorato»

A differenza di quello che gli altri hanno fatto con lei. «"Tu sei la figlia di Baggio, allora non fai niente nella vita". Ma questa cosa in realtà non mai successa: a 14, 15, 16 anni in estate già andavo a lavorare nei negozi di abbigliamento o al bar e questo perché i miei genitori volevano che crescessimo indipendenti e non pensassimo che fosse tutto dovuto. Non è perché mio padre è qualcuno o ha qualcosa, allora quel qualcosa è anche mio. Io sono io: ho il mio lavoro, ho fatto la mia carriera, le mie esperienze. Ma purtroppo la gente dà certe cose per scontate». 

Il rapporto con papà Roberto

Valentina ha poi raccontato senza tanti giri di parole di quanto, da piccola, ha sofferto la lontananza dal padre. «Per la sua professione non poteva essere molto presente nella mia vita. A casa c'era davvero poco, non è stato facile. Ricordo che vedevo le mie amiche che magari la domenica andavano in giro con il loro papà, mentre io il mio lo vedevo allo stadio». Un qualcosa difficile da spiegare, e da capire, per una ragazzina. «Non era un dolore, ma per vent'anni non sapevo spiegarmi perché io fossi cresciuta senza un papà, di fatto non avevamo avuto tempo per conoscerci». Valentina ha quindi ricordato il suo «periodo di ribellione», dai 14 ai 19 anni. «Ero sempre stata abituata a girare, Milano, Torino, Bologna e poi quando mio papà ha smesso di giocare mi sono ritrovata a vivere a Vicenza, una città piccola, e questa cosa mi soffocava». «Stavo da sola con lui e certe volte non sapevo di cosa parlare - ha ammesso -, era mio padre, ma era come se non ci conoscessimo».

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Il lockdown

Nel 2009 decide di trasferirsi di nuovo a Milano. Gli studi, il lavoro, le "scappate" a casa sempre di corsa. Poi arrivano la pandemia e il lockdown. Ed è proprio in quei mesi che Valentina Baggio e suo padre sono diventati amici. «Sono tornata a casa e i miei genitori mi hanno conosciuta da adulta, dieci anni dopo essere partita. Trascorrevamo tantissimo tempo insieme. Non sono stati momenti facili per l'Italia, ma io ricordo quel periodo come uno dei più belli della mia vita. Passavo molto tempo con mio padre, facevamo lunghe partite a carte. Il lockdown è stato tragico, ma in un certo senso è stato una benedizione».

 

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