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Il progetto

Missione in Antartide con le tute made in Vicenza

Le tute di D-Air Lab vestiranno gli scienziati della stazione italo-francese Concordia in Antartide, dove le temperature raggiungono -80 gradi con venti che soffiano a 327 km/h
Nascono nella startup vicentina D-Air Lab le tute destinate agli scienziati dell'Enea  incaricato di coordinare le attività logistiche delle ricerche in Antartide
Nascono nella startup vicentina D-Air Lab le tute destinate agli scienziati dell'Enea incaricato di coordinare le attività logistiche delle ricerche in Antartide
Nascono nella startup vicentina D-Air Lab le tute destinate agli scienziati dell'Enea  incaricato di coordinare le attività logistiche delle ricerche in Antartide
Nascono nella startup vicentina D-Air Lab le tute destinate agli scienziati dell'Enea incaricato di coordinare le attività logistiche delle ricerche in Antartide

È il luogo più freddo e inospitale del pianeta, ma anche il più incontaminato e quindi la chiave per comprendere i cambiamenti climatici. Il tutto però in condizioni estreme, che possono arrivare a -80 gradi con venti che soffiano a 327 chilometri orari. Arriva in Antartide la tuta “intelligente”. Anzi due tute che “dialogano” tra loro per monitorare la temperatura e tenere isolato il corpo dei ricercatori polari.

Nascono nella startup vicentina D-Air Lab, pensate per gli scienziati dell’Enea, l’ente incaricato di coordinare le attività logistiche del programma nazionale di ricerche in Antartide. Una prima partita è già stata testata e la collaborazione prevede uno sviluppo di tute invernali per temperature che possono toccare -80 gradi e poi per l’estate, che non è da meno, periodo in cui nell’entroterra si può arrivare a -40 gradi. 

Il percorso 

Tutto gira intorno all’aria. Così come per tutte le innovazioni nate nella startup creata da Lino Dainese dopo la vendita dell’azienda: applicare nella vita quotidiana le tecnologie air-bag utilizzate in Dainese per la sicurezza negli sport dinamici. Ma ora è l’estremo polare che chiama per proteggere gli scienziati non dalle cadute, bensì dal freddo: l’aria questa volta viene “ingabbiata” e usata come materiale coibente. «L'idea arriva da un primo contatto con i ricercatori in Antartide, che non riuscivano a far fronte alle temperature estreme - spiega Alberto Piovesan, direttore creativo di D-Air Lab e del nuovo brand 7506, nome nato dalle coordinate 75°06’ sud della Stazione Concordia, la base scientifica gestita da Italia e Francia -. D-Air Lab ha deciso di accogliere la sfida e insieme abbiamo ripensato l'abbigliamento in capi più leggeri e confortevoli per i ricercatori». E così il percorso inizia nel 2019, il primo prototipo viene presentato alla Biennale di Venezia nel 2021, per arrivare ora ad ufficializzare il progetto sviluppato grazie ad un team di medici, designer, modellisti, architetti e ingegneri. 

Tecnologia 

Il vestito “intelligente” è composto da un sottotuta aderente al corpo e da una corazza esterna. Il primo trae spunto dalla nostra pelle, dalla sua abilità di regolare continuamente temperatura, ventilazione/traspirazione. E “parla” con la tuta esterna fatta di sei strati: materiali come seta, grafene, pelo riciclato di cammello ingabbiano l’aria. Gli strati più vicini al corpo trattengono il calore e spostano l’umidità all’esterno, quelli più esterni provvedono a tenere a distanza freddo e vento. A mantenere costante la temperatura corporea è un brevetto di D-Air Lab che «innesca un processo di riscaldamento autonomo delle estremità del corpo sulla base di informazioni trasmesse da sensori esterni di temperatura». E dall’estremo polare arriva l’evoluzione per contesti urbani: battesimo nei giorni scorsi del Pop-Up Lab a Milano, aperto fino al 15 marzo, con Alberto Piovesan, Rocco Ascione (Enea), Giulia Foscari (agenzia no profit Unless), Matteo Ward (Wråd).

Roberta Bassan

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