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Due anni fa il dramma

Marmolada, il film vicentino che fa rivivere la tragedia

di Alessandra Dall'Igna
Il documentario è stato presentato in anteprima lunedì sera al Trento Film Festival. I registi Giorgia Lorenzato e Manuel Zarpellon hanno ripreso il lavoro dei soccorritori
Un’immagine tratta dal documentario “Marmolada 03.07.22” in concorso al Trento Film Festival, gentilmente concessa dagli autori
Un’immagine tratta dal documentario “Marmolada 03.07.22” in concorso al Trento Film Festival, gentilmente concessa dagli autori
Un’immagine tratta dal documentario “Marmolada 03.07.22” in concorso al Trento Film Festival, gentilmente concessa dagli autori
Un’immagine tratta dal documentario “Marmolada 03.07.22” in concorso al Trento Film Festival, gentilmente concessa dagli autori

La tragedia della Marmolada rivive sul grande schermo attraverso il documentario dei registi bassanesi Giorgia Lorenzato e Manuel Zarpellon. 
Presentata in anteprima lunedì sera al Trento Film Festival, dov’è in concorso, l’opera “Marmolada 03.07.22”, prodotta da Cineblend Srl, ricostruisce una catastrofe che ha scosso profondamente il Veneto e il Trentino Alto Adige: alle 13.45 del 3 luglio 2022, dopo settimane di caldo record, una gigantesca placca della calotta di Punta Rocca si staccò dal ghiacciaio travolgendo tre cordate di alpinisti. Il bilancio finale fu di 11 morti - 8 veneti, un trentino e due stranieri - e 8 feriti, vivi grazie al tempestivo intervento di centinaia di soccorritori. 

Il racconto nel docufilm

E i registi hanno scelto di raccontare questa tragedia proprio dal punto di vista di chi, in quei giorni frenetici, si prodigò per aiutare e recuperare sopravvissuti e non. Interviste, immagini di repertorio e riprese inedite raccontano la messa in moto della grande “macchina dei soccorsi”.
I familiari delle vittime sono invece volutamente assenti in questo lavoro, anche se il dolore emerge con forza dal racconto e dalla passione dei tanti, tantissimi che hanno speso quelle ore drammatiche per ritrovare i superstiti e per restituire alle famiglie delle vittime le spoglie dei loro cari.

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Le testimonianze

«Ho visto la montagna esplodere davanti a me: quando ho guardato in giù per vedere dov’erano quelli che mi avevano preceduto nella discesa, non c’era più nessuno, inghiottiti da un fiume di ghiaccio e sassi». Inizia con la testimonianza di un sopravvissuto, il soccorritore e guida alpina Luca Storoni, il drammatico racconto di quel 3 luglio 2022. Ma il documentario vira subito sull’attivazione dei soccorsi, con le prime richieste di aiuto al 118: nel giro di dieci minuti si alzano in volo nove elicotteri del sistema interforze di protezione civile, che sorvolano l’area trovandosi di fronte ad uno scenario apocalittico.

«Abbiamo capito che non eravamo pronti per un intervento di quel genere, perché la situazione era completamente diversa da qualsiasi evento che potessimo aspettarci - raccontano i soccorritori nelle interviste -. Non avremmo mai pensato ad un crollo di questo tipo, perché dall’esterno si vedeva soltanto la calotta di cui non conoscevamo la profondità». 

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La tragedia

«Ci siamo resi conto dell’immane tragedia quando ad un certo punto non ci portavano più i feriti, ma ci hanno richiesto i sacchi salma».Grazie al materiale video di repertorio e alla ricostruzione fornita dai diversi corpi della protezione civile, Lorenzato e Zarpellon sono riusciti a restituire allo spettatore la complessità e la frenesia non solo dei momenti immediatamente successivi al crollo, ma anche e sopratutto dei giorni successivi in cui la volontà di ricercare i dispersi si è scontrata con l’alto rischio di ulteriori distaccamenti. «Il recupero delle vittime è un elemento fondamentale nel soccorso di montagna, tanto quanto il recupero dei vivi - hanno spiegato i protagonisti del documentario - Ci siamo messi nei panni dei familiari, e abbiamo cercato in ogni modo di restituirgli i loro cari».

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La rosa bianca

Particolarmente toccante il racconto del momento di riconoscimento delle salme, accanto alle quali i soccorritori hanno voluto appoggiare una rosa bianca, e la testimonianza di uno dei sopravvissuti, Davide Carnielli.
Il documentario si chiude con il ricordo di un grande amico del soccorso alpino, deceduto in Marmolada: il valdagnese Paolo Dani, guida e vice direttore della scuola regionale alpina

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