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CONFARTIGIANATO Il padovano Boin è presidente nazionale della categoria

«Meccanica, sarà boom. Servono nuove imprese»

Una produzione in progressiva risalita, che sembra aver imboccato la strada dei livelli pre-Covid, ma alle prese con un collo di bottiglia: una forte carenza di profili professionali specializzati, tale da mettere in difficoltà la ripartenza. Federico Boin, presidente nazionale della Federazione Meccanica di Confartigianato fa il punto della situazione - tra sfide e urgenze – delle 90.943 aziende artigiane (di cui 10.597 venete e 2.658 vicentine) attive nel comparto meccanica, per un totale di 294.385 addetti in tutto il Paese. L’imprenditore padovano sarà protagonista al Festival domani alle 15 all’incontro “Le filiere: nuove alleanze per competere”. Crescita Per Boin un tema caro, quello della sinergia tra imprese: è una delle chiavi per resistere alle mutazioni dei mercati. Così come cruciale è la presenza di manodopera che sia in grado di gestire gli aspetti più tecnologici della produzione. «Il comparto della meccanica è riuscito a reggere durante la pandemia senza grossi collassi - è la premessa -, anche grazie al fatto che abbiamo lavorato come subfornitori in filiere di aziende che non hanno chiuso perché operanti nei settori medicale e alimentare. Il 2021 è partito bene: i primi mesi hanno fatto registrare un -0,3% rispetto al periodo pre-Covid, verso l’estate abbiamo recuperato e ora gli ordinativi sono aumentati. Si prospetta un 2022 di crescita importante». Ne deriva che le prospettive occupazionali «sono buone, le aziende artigiane stanno cercando personale». Personale che «con la grande spinta all’innovazione che ci caratterizza deve essere adeguatamente formato», chiarisce Boin. Ed è qui che arriva il punto dolente per il numero uno della Federazione: «Le scuole non sono in grado di investire in laboratori e strutture. Da qui il gap di competenze e le difficoltà a reperire profili tecnici specializzati. Stiamo cercando di correre ai ripari facendo conoscere il mondo della meccanica anche agli studenti delle primarie e relazionandoci sempre di più con istituti tecnici e Its. Guai a perdere tempo, dobbiamo investire ora per avere una risposta tra 10 anni». È caccia alle figure “ibride”, «che sappiano, cioè, leggere un disegno, conoscano i materiali, facciano funzionare le macchine utensili e siano in grado di utilizzare un gestionale di produzione. Del resto, le imprese artigiane negli ultimi anni hanno investito molto in tecnologia, da noi c’è il top dell’innovazione. La spesa in ricerca e sviluppo di micro e piccole imprese si attesta oggi sul 16%, un valore doppio rispetto alla media di altri settori». Prezzi Un percorso non sempre indolore: «Da un anno assistiamo a una carenza di materie prime, con l’effetto che i prezzi sono saliti alle stelle. Tuttavia, per il momento, i clienti finali hanno sempre riconosciuto l’aumento, almeno alle aziende che producono macchinari customizzati, il nostro fiore all’occhiello». Dall’oggi lo sguardo si sposta sul futuro. «C’è solo una cosa che mi preoccupa un po’: quando sono partito, nel lontano 1998, era facile trovare qualcuno che credesse nel tuo progetto. Per aprire un’attività sono necessari investimenti importanti, di cui i giovani ora non riescono a farsi carico. E infatti non vedo nascere tante aziende nuove. Ecco perché stiamo pensando di aiutare le nuove generazioni, anche attraverso il riutilizzo di macchine dismesse e ricondizionate. Il nostro settore nei prossimi anni avrà un boom e le imprese attuali non basteranno».

Laura Pilastro