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INTERVISTA presidente fond.festari

Franca Porto «La ripresa trova una comunità che non si è sfaldata»

Franca Porto presidente della Fondazione Festari
Franca Porto presidente della Fondazione Festari
Franca Porto presidente della Fondazione Festari
Franca Porto presidente della Fondazione Festari

«Per la ripresa serve Draghi, ma anche il contributo di ognuno di noi». Ne è convinta Franca Porto, presidente della Fondazione Palazzo Festari costituita ormai 20 anni fa dai Comuni di Valdagno, Schio e Thiene come un progetto di integrazione territoriale per individuare, in maniera partecipata, nuovi scenari di sviluppo. Franca Porto, già segretaria Cisl del Veneto, ne è diventata presidente nel dicembre scorso, consapevole che, proprio in questo momento particolare, la Fondazione può e deve svolgere un ruolo di catalizzatore di diverse proposte, di stimolo, di riflessione e di sintesi attingendo a più energie possibili; sabato pomeriggio, per il Festival Città Impresa, contribuirà al dibattito “Vivere, abitare e lavorare nelle piattaforme territoriali” in programma ai Chiostri di S. Corona.

L’Alto vicentino si è sempre distinto per competenze, innovazione, capacità di condividere progetti e, anche nel sociale, è cresciuto nel solco tracciato da Alessandro Rossi e Gaetano Marzotto. Può costituire una sorta di laboratorio per uscire dalla crisi?

Lo è. Per vocazione, per necessità di riorganizzarsi visti i cambiamenti in atto, e anche per opportunità: quelle che la Pedemontana offrirà alle imprese e alle persone. Qui, a prescindere dalla cifra di appartenenza, c’è una dimensione comunitaria che ha influenzato positivamente la politica stessa. La ripresa può contare su una manifattura forte, è vero, ma anche su una comunità che non si è sfaldata, e una cultura del lavoro che è però anche disponibilità a generare ricchezza che va ridistribuita. In più possiamo far leva sul turismo. E penso al turismo di giornata, dei weekend con un sistema ben organizzato di accoglienza, di proposte per tutto l’anno. C’è movimento anche in questo ambito, in particolare da parte dei giovani.

Spesso sui giovani si generalizza dicendo non hanno voglia di faticare, di adattarsi e preferiscono andare all’estero. Che ruolo immagina per loro?

Chi ha 20-25 anni oggi si sta dando da fare, non ha paura di mettersi in gioco e fare esperienza: trattiamoli bene. E dobbiamo pensare come una risorsa anche a chi è andato all’estero: come Fondazione voglio coinvolgere questi giovani che non lavorano nei nostri Comuni in un network, per aiutarci a capire cosa possiamo fare per rendere attrattivo il territorio. Dobbiamo riconoscere loro un know-how, così come dobbiamo riconoscere il contributo delle persone più in avanti con gli anni.

Con il progetto Career Orienteering la Fondazione si è impegnata per colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro; in Italia le retribuzioni dei laureati sono però tra le più basse d’Europa. È anche un problema delle imprese?

È un problema serissimo e riguarda imprese, famiglie, sindacato e politica. Ma bisogna anche considerare la necessità di ripartire da competenze professionali cui in azienda si riconosce un valore importante, e che offrono possibilità di carriera. Per questo sono molto orgogliosa del dibattito che si è aperto sul tema degli Its; a causa della pandemia, poi, sono stati spinti molti lavori non legati tra loro e non rappresentati. Per aumentare le tutele, per darsi voce le persone debbono costruirsi delle comunità, e bisogna capire che la mediazione è l’unica strada.

Altro tassello importante è rappresentato da un volontariato molto attivo. Le energie ci sono, servono più sinergie?

Il problema in Veneto, è una “istituzionalizzazione” che ha ingessato e appesantito il sistema. Eppure, un tessuto di cooperazione sociale che sappia rinnovarsi diventando il primo grado di partecipazione comunitaria può fare la differenza, anche nella collaborazione per definire i progetti finanziati con i fondi Ue che costituiscono un’occasione unica. Il mio, come presidente della Fondazione Festari, è proprio un appello alle persone: scegliete lo spazio che volete ma partecipate. E ancora prima è un appello agli amministratori, alle parti sociali e alla cooperazione sociale ad aprirsi. C’è Mario Draghi, e per fortuna, ma servono anche tante persone che si occupino da protagoniste del luogo dove vivono, e il ruolo forte e bello della Fondazione è che può stimolare questa partecipazione.

Quale può essere invece il ruolo del mondo cattolico?

Voglio assolutamente coinvolgerlo. Credo che nel mondo cattolico si debba aprire una riflessione importante: non possiamo limitarci a chi crede e chi non crede, a quanti preti mancano. Penso al ruolo che questo mondo svolge con giovani e anziani che non sono seguiti da nessuno o con la Caritas nei confronti di chi non ha nulla, e al fatto che comunque gli spazi degli oratori, dei Grest, di molti asili sono ancora presidiati dal mondo cattolico. Non ne faccio una questione religiosa, ma di un patrimonio culturale che va riconsiderato in un progetto comune di rinascita.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Cinzia Zuccon