<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
VIAREGGIO E MOLTO ALTRO

Quando l'educazione dei giovani era un modello "biancorossino"

Sono Aurelio Piva, Luigi Mantica e Giancarlo Graziosi i giornalisti che, nel Numero Unico del 1955 che celebra la promozione in Serie A, mettono in risalto anche i successi del vivaio "biancorossino" affidato a Berto Menti: gli Juniores che vincono per la seconda volta consecutiva il torneo internazionale di Viareggio (e pure il girone veneto-emiliano-giuliano del Campionato Riserve), la formazione dei Ragazzi giunta seconda nel campionato regionale, quella dei Cadetti finalista nazionale. Tutti giovani di belle speranze - e alcuni dei quali via via inseriti in prima squadra - che hanno disputato una cinquantina di partite in competizioni diverse, la domenica e il mercoledì, con schietto spirito dilettantistico.«È doveroso premettere - spiega infatti Piva - che nessun giocatore ha percepito lo stipendio (parliamo dei più giovani); che hanno goduto solo del premio di partita quando arrideva la vittoria; che quasi tutti sono occupati presso aziende che non concedono troppo tempo per praticare lo sport. Gli allenamenti venivano fatti quasi sempre con questo orario: a mezzogiorno, via dalla fabbrica o dal negozio e mezz'ora dopo, con una colazione affrettata nello stomaco, giù in campo; alle 14 e anche prima, nuovamente al lavoro».Impressioni personali del Viareggio le aggiunge Ernesto Borsatto, elogiando la comitiva vicentina per i "tiepidi festeggiamenti" tra una partita e l'altra, e la rigorosa "ritirata alle 23". Sintomi, questi, della sapiente "scuola" impartita da Berto Menti, con vistosi effetti anche fuori dal campo rispetto ai comportamenti dei coetanei appartenenti alle blasonate compagini avversarie. Sentite qua: "'Assi' con le labbra gocciolanti di latte, ostentanti distintivi delle maggiori società calcistiche italiane, 'pendolavano' sui marciapiedi di Viareggio, il più delle volte vestiti alla moda caprese, incuranti di osservazioni o rimbrotti, ignoranti di ogni più elementare regola, oltre che di educazione, di buon senso e di 'prudenza'. Ebbene, ricordo che proprio allora saltò all'occhio con maggiore evidenza la 'regola' che uniformava la vita del clan biancorosso, l'educazione di tutti i suoi giovani componenti, fu allora che saltarono all'occhio particolari, magari considerati di importanza minima qui da noi, ma altamente apprezzati fuori dalle mura di casa».Sicché, esorta Mantica, è ora di «far uscire dal guscio della sua troppa modestia questo Berto Menti che da anni lavora sodo nel vivaio giovanile biancorosso, in silenzio e umiltà quasi certosina, pago soltanto dei risultati di questo suo lavoro così come, un tempo, era pago delle vittorie che portavano il suo nome di calciatore serio, tenace, volitivo. Vittorie spesso ottenute in 'tandem' con l'indimenticabile Meo, il fratello suo». Grazie a lui e ai suoi ragazzi, «è stata riportata a Vicenza una splendida gemma; verde come il mare di Viareggio ove fu colta, splendente come il sole quando da quel mare pare si levi».Quasi presagendo che il nucleo dei "viareggini" (Campana, Zoppelletto, Gigi Menti, Pavinato, il portiere Luison, Cappellaro, Guerra, David e compagni) sarà l'ossatura per tanti anni del Lanerossi in Serie A, in quanto artefice di "un gioco d'assieme difficilmente contenibile", Piva vede nel "più che paterno" Menti "un maestro da additare ad esempio", un formatore che "ha reso alla Società un servigio di valore incalcolabile, perché vale di più il prestigio che la cassetta".