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Il caso

La pallavolista resta incinta e senza stipendio: il club la cita per danni

Lara Lugli in un'immagine pubblicata sul suo profilo Facebook
Lara Lugli in un'immagine pubblicata sul suo profilo Facebook
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Lara Lugli ha 38 anni quando rimane incinta. È una pallavolista, con lunghi trascorsi anche in serie A. Comunica la cosa alla sua società, il Volley Pordenone (ora ribattezzato Maniago Pordenone) all'epoca in serie B1, risolvendo il contratto. Qualche settimana dopo, purtroppo, perde il bambino. Ma non finisce qui. Perché il club l'ha citata per danni. Una citazione arrivata nelle scorse settimane, a distanza di due anni, in risposta a un decreto ingiuntivo in cui la giocatrice chiedeva lo stipendio del mese di febbraio, nel quale aveva lavorato.

Ora Lara, che di anni ne ha 41 e continua a giocare, ha deciso di raccontare la sua storia in un lungo post su Facebook (con tanto di documentazione allegata) e lo ha fatto proprio l'8 marzo, nella "Giornata della donna". Una storia che sta scuotendo il mondo del volley, ma non solo. 

 

IL RACCONTO DI LARA

«Rimango incinta e il 10 marzo comunico alla società il mio stato e si risolve il contratto», racconta. «Le accuse sono che al momento della stipula del contratto avevo ormai 38 anni (povera vecchia signora) e data l’ormai veneranda età dovevo in primis informare la società di un eventuale mio desiderio di gravidanza, che la mia richiesta contrattuale era esorbitante in termini di mercato e che dalla mia dipartita il campionato è andato in scatafascio». «Viene contestato l’ammontare del mio ingaggio troppo elevato», ma poi lo stesso club accusa la giocatrice che dopo il suo stop «la posizione in classifica è precipitata e gli sponsor non hanno più assolto i loro impegni. Dunque il mio valore contrattuale era forse giusto?». Lo sfogo continua: «Chi dice che una donna a 38 anni, o dopo una certa età stabilita da non so chi, non debba avere il desiderio o il progetto di avere un figlio? Non è che per non adempiere ai vincoli contrattuali stiano calpestando i diritti delle donne, l’etica e la moralità?» «Anche se non sono una giocatrice di fama mondiale questo non può essere un precedente per le atlete future che si troveranno in questa situazione - conclude Lara - Se una donna rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo. L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita e tutto il resto è noia e bassezza d’animo».

 

ASSIST SCRIVE A DRAGHI E MALAGÒ 

In merito a quanto accaduto Assist (Associazione Nazionale Atlete) ha reso noto che scriverà al presidente del Consiglio, Mario Draghi e al presidente del Coni, Giovanni Malagò, per chiedere «che cosa intendano fare per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell’atleta Lara Lugli». «Questo caso è emblematico perché l’iniquità della condizione femminile nel lavoro sportivo è talmente interiorizzata che non solo la si ritiene disciplinabile, nero su bianco, in clausole di un contratto visibilmente nulle, ma addirittura coercibile in un giudizio, sottoponendola a un magistrato, che secondo la visione del datore di lavoro sportivo, dovrebbe condividere tale iniquità come fosse cosa ovvia. In questa spregiudicata iniziativa si annida il vero scandalo culturale del nostro Paese, che è giunto al punto da obnubilare la coscienza dei datori di lavoro sportivi, fino a dimenticare cosa siano i diritti fondamentali delle persone» si legge nella nota Assist.

 

SBROLLINI: «VERGOGNOSO CONSIDERARE GRAVIDANZA UN DANNO»

Sul caso è intervenuta anche la senatrice vicentina di Italia Viva, Daniela Sbrollini, per la quale la vicenda di Lara Lugli «è l’emblema di come le donna nello sport sia ancora vittima di atteggiamenti che hanno radici medievali». «Non possiamo più accettare questi comportamenti violenti e discriminatori e permettere che alle atlete non vengano garantiti gli stessi diritti dei loro colleghi uomini come pensioni, periodi tutelati di malattia e assicurazioni per infortunio, oltre naturalmente ai congedi di maternità. Chi considera una gravidanza un danno dovrebbe vergognarsi. Nessuna donna deve sentirsi inadeguata e inopportuna», conclude.

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