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La recensione

«The Old Oak», la lezione di Ken Loach

Il protagonista Dave Turner
Il protagonista Dave Turner
Il protagonista Dave Turner
Il protagonista Dave Turner

Ken Loach, ricco di anni e cinema, alza ancora il pugno chiuso, anche se il cinema, la sua pelle, in «The Old Oak», mostra qualche smagliatura. Loach sa come raccontare e rendere interessanti storie di gente comune, e in compagnia del suo storico sceneggiatore Paul Laverty, inventa una coppia di splendidi personaggi che reggono il peso del film e tirano i fili del racconto: TJ Ballantyne, proprietario del pub «The Old Oak», e Yara, una giovane migrante siriana, appassionata di fotografia. Il pub di TJ si trova in un borgo del Nord dell’Inghilterra, terra di miniere sulla quale è passata la devastante stagione del capitalismo selvaggio della Thatcher. È in questo contesto che arriva un gruppo di esuli siriani ai quali sono state assegnate alcune delle abitazioni del villaggio. Le sopravvissute famiglie di minatori, alle prese con problemi economici, non vogliono però accogliere i nuovi arrivati e li osteggiano in ogni modo. Solo TJ e una sua amica manifestano solidarietà e cercano di mediare tra i locali e gli immigrati. Impresa a dir poco disperata. TJ dal canto suo fa riparare la macchina fotografica di Yara rottasi quando un facinoroso aveva spintonato e fatto cadere la sua proprietaria. Ballantyne (Dave Turner, bravissimo) ha tutta l’aria di essere una delle incarnazioni di Ken Loach: è una vecchia quercia che resiste nonostante i fulmini scagliati dal Destino, ha uno spirito più illuminista ed evangelico che comunista e crea una mensa gratuita per tutti, siriani e inglesi, in onore del detto secondo il quale se le persone mangiano assieme diventano una comunità e in quanto tale potranno ancora inalberare lo stendardo recante la scritta «Forza, solidarietà, resistenza!». F.Bon.

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