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Schermi & visioni

Le due facce di Mubi e il profeta John Hughes

Passages
Ira Sachs (2023)
Se stavate cercando il film più irritante dell’anno, l’avete trovato. «Passages» di Ira Sachs è la perfetta dimostrazione di come una certa idea di cinema «d’autore» stia ormai girando a vuoto, incagliata in una visione del mondo, e dell’arte, non solo fuori dal tempo (sempre troppi gli orfani della Nouvelle Vague), ma decisamente retrograda. Vertice dell’immancabile triangolo un regista bisessuale, Tomas (Franz Rogowski), alle prese con i tormenti di una relazione logora, con il marito Martin (Ben Whishaw), e con l’erotica tentazione di buttarsi tra le braccia della bellissima Agathe (Adèle Exarchopoulos). Ego, io, chiacchiere, Parigi, io, io, io, ancora io, sempre io, solo io, la casa in campagna: il solito campionario di amenità da melodramma «colto» all’europea. Una specie di «La vita di Adèle» dieci anni dopo che saltella da un luogo comune all’altro. Lo trovate su Mubi. Voto: 4.

Queens of the Qing
DynastyAshley McKenzie (2022)
Esiste ancora un cinema che costringe e testare i propri limiti, a ragionare su ciò che gli occhi vedono e il cuore sente. «Queens of the Qing Dynasty» della canadese Ashley McKenzie è uno di quei film che si fa fatica a mettere da parte con leggerezza, a non prendere sul serio. Non solo per il «valore artistico» in sé e per sé (virgolette di rigore per l'eccesso di ambiguità che la definizione comporta), ma per la mera forza delle immagini e il taglio della narrazione. Il racconto è quello di un'amicizia, quasi un amore impossibile, tra una teenager fragile sotto tanti punti di vista (meravigliosa Sarah Walker) e un immigrato cinese che lavora come volontario in un ospedale pubblico (Ziyin Zheng). Lunghi piani sequenza, interminabili silenzi, dialoghi surreali: un flusso di coscienza nel quale annullarsi come spettatore. Mubi, anche qui. Voto: 7.

Ferris Bueller's
Day OffJohn Hughes (1986)
Arriverà un momento - forse è già arrivato ma non ce ne siamo ancora del tutto resi conto - in cui al timone di Hollywood ci sarà una generazione di autori cresciuti con il mito di John Hughes. Che più passa il tempo e più sembra spostarsi verso il centro esatto di quello strambo decennio che sono stati gli Ottanta. «Sixteen Candles», il copiatissimo «Breakfast Club», «Weird Science», «Pretty in Pink»: un pugno di film e un modo di raccontare l'età di mezzo, quella del passaggio dal sentirsi giovani all'essere qualcosa che assomiglia a un adulto, che ha fatto scuola (in tutti i sensi). Il consiglio di chi scrive è di recuperare «Ferris Bueller's Day Off» («Una pazza giornata di vacanza» in italiano), summa del Matthew Broderick pensiero. Una commedia che è molto più di un manifesto: un trattato esistenziale.

Luca Canini

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