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Il ricordo

L’ultimo ciak di Ryan O’Neal

Ryan O’Neal e Barbra Streisand
Ryan O’Neal e Barbra Streisand
Ryan O’Neal e Barbra Streisand
Ryan O’Neal e Barbra Streisand

La sua stella si è spenta in silenzio, relegata in un angolino dei siti dei grandi giornali. Eppure Ryan O’Neal, scomparso l’8 dicembre a 82 anni, è stato un divo di quelli veri, con tanto di Oscar accarezzato nel 1971 per l’Oliver Barrett di «Love Story». Sorriso acqua-acqua e sapone-sapone, boccoli d’oro, faccia da bravo ragazzo che si guadagna la paghetta consegnando i giornali prima di andare a scuola, fu il sogno tragi-romantico messo su pellicola da Arthur Hiller, con Ali MacGraw nella parte della Venere sfortunata Jennifer, a farlo entrare nelle case degli americani e nei cuori di tre quarti delle adolescenti di allora. Il mito-mito però lo ha costruito poi, con almeno tre film dei quali la storia del cinema non può proprio fare a meno: «Ma papà ti manda sola?» e «Paper Moon» del cinefilo Peter Bogdanovic, che tirò fuori dal belloccio una meravigliosa vena comica, e ovviamente il «Barry Lyndon» di Stanley Kubrick, consacrazione assoluta in una parte talmente perfetta da valere almeno tre carriere. Di quel che gli è capitato da quel 1975 d’oro in poi vale la pena citare almeno l’assurda metamorfosi, per i ruoli ai quali il suo pubblico era abituato, di «The Driver», nel quale interpreta un autista della mala tanto cinico quanto taciturno. Un noir che grida anni Settanta con alcune delle migliori scene di inseguimento mai girate. Dietro alla macchina da presa Walter Hill, forse l’ultimo capace di affidare a Ryan O’Neal un personaggio indimenticabile. Il resto lo si racconta in un attimo: un lungo autunno da Hollywood paciosa, il matrimonio con Farrah Fawcett, la Jill delle Charlie’s Angels, gli scandalini, i filmetti, i passaggi sul piccolo schermo. Divo a suo modo, fino all’ultimo giorno. 

Luca Canini

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