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La recensione

«Finalmente l’alba» e quel tenebroso affare

Rebecca Antonaci è Mimosa
Rebecca Antonaci è Mimosa
Rebecca Antonaci è Mimosa
Rebecca Antonaci è Mimosa

Belli, bellissimi il depistaggio e l’incantesimo messi in atto da Saverio Costanzo per illuderci che «Finalmente l’alba», sua ultima opera, sia una divertita, colta e intrigante ricostruzione di Cinecittà negli anni Cinquanta, quando nella Hollywood sul Tevere si giravano i peplum e si incontravano i grandi divi americani. In effetti, vagamente scettici e abbagliati, si segue la storia delle due bellissime sorelle di estrazione popolare Mimosa e Iris, che si appassionano alle storie dei divi e dei loro amori, fino a quando Iris viene invitata a presentarsi alle selezioni per fare la comparsa. Iris passa il provino ma, a sorpresa, per un capriccio della diva del momento, Joséphine Esperanto (Lily James), regina egizia nel film e regina dispotica sul set, Mimosa (Rebecca Antonaci, una rivelazione) ottiene il ruolo di figurante. L’incantesimo di Costanzo è così forte che quasi non si fa caso a come Mimosa, prima del suo colpo di fortuna, fosse finita in una saletta di proiezione proprio mentre sullo schermo passavano le immagini di cronaca concernenti il ritrovamento del corpo di Wilma Montesi. Poi arriva il momento della verità e l’incantesimo finisce: verso l’alba Mimosa esce da una villa, davanti le si apre il mare e una croce piantata nella sabbia. È il luogo a Torvaianica dove nell’aprile del 1953 venne ritrovato il corpo della Montesi, morta misteriosamente a 21 anni. A meno di essere stagionati boomer, per informarsi su quello che fu a tutti gli effetti un «tenebroso affare», con il coinvolgimento di bel mondo, uomini politici, affaristi e galleristi, come il personaggio interpretato con la consueta eleganza e finezza da Willem Dafoe, basta un clic. Oppure il cinema, che è sempre meglio di tutto. F.Bon.

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