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La recensione

«Ancora un’estate», elogio dell’amore folle

Samuel Kircher e Léa Drucker
Samuel Kircher e Léa Drucker
Samuel Kircher e Léa Drucker
Samuel Kircher e Léa Drucker

Catherine Breillat non sbaglia un colpo e va diritta al punto, facendosi strada nei meandri, tortuosi e contrari alla logica, di psicologie oscure e accensioni improvvise di desideri folli e irrefrenabili di cui è impastato l’amour fou. Ed è proprio di questo sentimento, cinematografico quant’altri mai, che è vittima, se le vittime possono essere consapevoli e consenzienti, Anne (Léa Drucker, perfetta e inquietante), avvocato difensore di donne che hanno subito violenze e soprusi. Anne è dura e inflessibile in primis con le ragazze difese: vuole la verità, la verità nuda e cruda per poterla brandire come arma in tribunale. Il contesto sociale in cui Anne vive è alto-borghese: bella casa, marito industriale, vestiti di classe, macchina di lusso. È sposata con un uomo dal quale non è riuscita ad avere figli, ragione per cui hanno adottato due bimbette. Il marito di Anne però aveva avuto un figlio da una precedente, burrascosa unione. Théo (Samuel Kircher), diciassette anni, dopo essere entrato in conflitto con i professori, viene affidato al padre nella speranza che la vita in famiglia lo addolcisca. Anne si trova dunque in casa il figliastro, un ragazzo, un giovane uomo di rara, angelica bellezza. Dopo i primi conflitti, Anne e Théo scoprono che la differenza d’età può essere travolta e abbattuta con reciproco vantaggio dalla prepotenza dell’istinto. Il conflitto tra la donna razionale e impegnata che è Anne e il suo coté istintivo e sensuale non tarderà a manifestarsi e sarà rivelato dal cinema nascosto dietro le immagini di Catherine Breillat, settantacinquenne che attraverso il personaggio di Anne voyeurizza con sensibile diletto il volto, il corpo e l’anima di Théo. F.Bon.

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