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Da vedere

«Anatomia di una caduta»: quando la verità non esiste

L’inquadratura dall’alto che chiude l’incipit del film «Anatomia di una caduta»
L’inquadratura dall’alto che chiude l’incipit del film «Anatomia di una caduta»
L’inquadratura dall’alto che chiude l’incipit del film «Anatomia di una caduta»
L’inquadratura dall’alto che chiude l’incipit del film «Anatomia di una caduta»

La Palma d’Oro 2023 è arrivata un po’ a sorpresa, alla faccia di favoriti e favoritissimi. Da Wes Anderson, che è sempre Wes Anderson anche in versione «Asteroid City», a Hirokazu Kore’eda, da Ken Loach al Marco Bellocchio di «Rapito», da Nanni Moretti, sbarcato sulla Croisette di casa con «Il sol dell’avvenire», a Todd Haynes, Aki Kaurismaki e Wim Wenders. Un parterre di pesi massimi mica da ridere. Eppure la giuria presieduta da Ruben Östlund, Palma d’Oro nel 2022 con «Triangle of Sadness» (lo trovate su Mubi), non ha avuto esitazioni: «Anatomia di una caduta» di Justine Triet. Non una debuttante, è vero, ma nemmeno un’autrice di primissima fascia. Capace però con questo suo ultimo lavoro di mettere a referto un’opera solida, profonda, intelligente, costruita con estrema perizia.

L’incipit della pellicola
La caduta del titolo è l’antefatto, il motore del plot. Siamo dalle parti di Grenoble, sulle Alpi francesi. Un uomo precipita dall’ultimo piano di una baita di montagna. È il figlio ipovedente a scoprire il corpo esanime tra la neve mentre torna da una passeggiata con il fedele cane guida (Snoop, presenza fondamentale). Poco dopo, attirata dalle grida dell’undicenne Daniel, accorre anche la madre, Sandra. Ai suoi piedi, nel bianco del prato, una pozza di sangue, con l’inquadratura dall’alto che fa tanto «Fargo» dei fratelli Coen. Inutile l’arrivo dei soccorsi: Samuel, insegnante e scrittore come la moglie, è già morto. Suicidio? Sembrerebbe di sì. Ma qualcosa non torna. Dettagli, tempistiche, schizzi di sangue dove non ci dovrebbero essere, nessun testimone. Il caso non viene archiviato e Sandra finisce davanti a un giudice. Costretta a difendersi dall’accusa di avere ucciso il marito. Il vero film inizia in tribunale. Autopsia più che anatomia di una caduta; variazione sul tema «Anatomia di un omicidio». Variazione doverosa perché se nel capolavoro di Preminger l’avvocato James Stewart partiva da due certezze, il morto ammazzato e il colpevole dietro le sbarre, nel procedimento a carico dell’imputata Sandra Hoyter (una splendida Sandra Hütter) si va avanti alla cieca. Né l’accusa, né la difesa hanno gli elementi necessari per venire a capo del pasticciaccio. Il mistero è mistero e tale resta (anche per lo spettatore). Non c’è verità a portata di mano. Anzi, non c’è verità possibile. Più si osserva la realtà, più si scava, e più ci si accorge che non c’è modo di assumere un punto di vista oggettivo: sulla dinamica dell’incidente; sui tormenti del presunto suicida Samuel; sul perché del gesto estremo; sulle tensioni, i rancori e le incomprensioni di coppia, con la vita privata di Sandra che viene passata al microscopio dal pubblico ministero. In un puntiglioso girare a vuoto che non fa altro che certificare l’insolubilità del caso. «Non sono stata io a ucciderlo», si affanna a spiegare Sandra al proprio legale. «Non è questo il punto», la replica che dice tutto.

Il buio oltre la neve
Ricordate il principio di indeterminazione di Heisenberg tirato in ballo dall’avvocato di lusso in «L’uomo che non c’era»? Ecco, siamo da quelle parti. E a noi non resta che accettare il mistero (tanto per restare in zona Coen). Ma non al piccolo Daniel, che in coda al film spiega la vera lezione: la verità esiste, eccome. Basta crederci. Serve un atto di fede per vedere. Anche senza usare gli occhi, come nel caso di Daniel. Che significativamente è il personaggio scelto per indicare a tutti - a modo suo - la via d’uscita (con l’aiuto dell’unico personaggio che non parla, Snoop). Inclusi nel biglietto una serie di evidenti e gustosissimi rimandi ai classici da tribunale: «La parola ai giurati» e compagni, certo, ma soprattutto «Testimone d’accusa» di Billy Wilder, con il personaggio di Sandra Royter che in qualche modo si sovrappone a quello di Christine Vole-Helm interpretato dalla Dietrich. E scusate se è poco.

Luca Canini

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