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A Breganze

Nasce la tazza con lo scarto di camomilla e le plastiche degli aerei dalla vinaccia

La startup Mixcycling nel progetto europeo: crea i polimeri a base vegetale e nuovi materiali per sostituire i sintetici
Delegazione europea del progetto Green-Loop alla Mixcycling di Breganze
Delegazione europea del progetto Green-Loop alla Mixcycling di Breganze
Delegazione europea del progetto Green-Loop alla Mixcycling di Breganze
Delegazione europea del progetto Green-Loop alla Mixcycling di Breganze

La tazza sembra avere il profumo di camomilla, anche se è vuota: per produrla sono stati utilizzati gli scarti del fiore, parti del gambo, tutti residui di raffinazione che sarebbero stati gettati nei campi. E così la sedia, prodotta da un'azienda di Marostica, sfuma sul bordeaux e, davvero, per costruirla sono stati usati scarti di vinacce di uva rossa da distillerie venete. Sette milioni di fondi europei, 17 partner con capofila gli spagnoli, una sfida: nuovi materiali a base biologica utilizzando metodi di produzione sostenibili con l'obiettivo di ridurre la percentuale di polimeri sintetici, plastica in primis. I primi risultati li hanno toccati con mano a Breganze, nella sede della startup Mixcycling creata tre anni fa dai fratelli Gianni e Amerigo Tagliapietra con una vocazione: sviluppare materiali sfruttando le proprietà delle fibre vegetali da scarti e fondendole con polimeri ottenuti da risorse organiche rinnovabili, di riciclo o vergini.

Selezione

Non ha avuto dubbi Fabrizio Riccomi, ceo di Nsbproject, partner del progetto europeo, nell'individuare la realtà di Breganze, nata come spin-off della dirimpettaia Labrenta specializzata nelle chiusure green per bottiglie (ceduta dai Tagliapietra nel 2022 alla multinazionale Guala Closures), per sviluppare la nuova frontiera: «Mixcycling è una delle pochissime realtà in grado di sviluppare materiali come materia prima». Esperienza di oltre 200 formulazioni, processo brevettato, tecnologia proprietaria che nobilita scarti organici, poi uniti a materiali plastici sia di derivazione organica che vegetale dando una seconda vita a quelli di origine fossile, una miriade di richieste anche da "big". «Siamo in cinque - spiega Tagliapietra - 500 mila euro di fatturato annuale, il periodo di semina è molto lungo».

Innovazione

Alcuni "frutti" sviluppati nell'ambito del progetto europeo sono sul tavolo. Base camomilla per un brand marchigiano. Tutto ciò che non può essere usato per infusi e cosmetici, è recuperato, lavorato e combinato con materiale termoplastico per una linea di stoviglie, dai vassoi ai contenitori, riducendo l'utilizzo di plastica vergine, totalmente compostabile e biobased. E così dalla buccia dell'uva. Ma anche dal pergamino che protegge i chicchi del caffè e sarebbe eliminato con l'essiccazione prima della tostatura. E così dalla lolla, la pellicola che avvolge il riso. L'effetto al tatto ha il suo perché. Ma il tavolo è grande. Una big austriaca di contenitori in vetro descrive il programma di ricerca con cui, grazie ai polimeri di Breganze, ha realizzato chiusure con scarti di lavorazione del sughero e della lolla di riso. Per un'azienda tessile lombarda Mixcycling ha realizzato una suola con un nuovo tessuto da elementi plastici vegetali e scarto della pelle. E così l'azienda di Marostica che per una linea di sedute ha testato biopolimeri made in Breganze con scarti a base di miscanto, vinaccia, caffè e camomilla: sedie a fibra vegetale. Ma le frontiere si allargano alla sostituzione della plastica nel settore industriale a partire da qualche componente nei macchinari fino agli aerei: dalle bucce d'uva alla lolla di riso si testano polimeri per sostituire le fibre sintetiche degli allestimenti interni. La bioeconomia prende il volo.

Roberta Bassan

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