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Sabato 6 novembre

Neri Pozza inesauribile, si pubblica un suo inedito

È mancato nel 1988 - il 6 novembre - ma non cessa di stupirci Neri Pozza, scrittore, editore e artista che ha legato il suo nome alla sua città natale e ad un impresa editoriale che compie 75 anni e viaggia nel mondo attraverso autori italiani e stranieri.
Manoscritti e taccuini hanno rivelato anche dopo la scomparsa un’attività feconda, sempre critica e vigile, originale nelle posizioni intellettuali e politiche. Angelo Colla, il più stretto collaboratore in casa editrice e a sua volta editore, ha conservato un racconto inedito che dopo una prima pubblicazione a puntate, prende ora la forma del libro con l’Editrice Manuzio, vicentina, rappresentata da Francesca Marchetto. Si intitola “Eliseo e altre persone fra città e campagna dopo il 1945”, 120 pagine, con un intervento del curatore Marco Cavalli e una nota al testo chiaramente non rivisto né completato.

Viene presentato sabato 6 novembre, nella ricorrenza della scomparsa, alle 11 a palazzo Giustiani Baggio, contrà S.Francesco 41, sede della Fondazione di Storia che da qualche anno con Il Giornale di Vicenza (quotidiano del Gruppo Athesis di cui l’editrice Neri Pozza fa parte da fine anni ’90), la Biblioteca Bertoliana e l’Accademia Olimpica coltiva la memoria di Neri Pozza approfondendone aspetti della vita, dell’opera e facendolo conoscere nelle scuole superiori. Sarà un incontro, con aperitivo finale, legato al libro con la presenza di Cavalli e di Colla che parlerà dell’archivio di Pozza; e chiuso dall’intervento di alcuni nipoti di Neri Pozza - Dina, Luca e Francesca Pozza, Maurizio Breganze - che ne racconteranno aspetti familiari.

Ma chi è Eliseo al centro dell’inedito e su quale palcoscenico Pozza muove i suoi figuranti? Un cinquantenne che lascia la città per la collina, sembra vivere senza lavorare dopo anni giovanili avventurosi, in Abissinia al seguito di uno zio commerciante. Sarà poi prigioniero degli inglesi e trasferito in India per 5 anni, rientrando in Italia per darsi alla troticoltura e vivere del patrimonio familiare. Sorprende gli amici il giorno in cui lascia la casa di San Pietro e i campi nel Veronese, e acquista un podere a Valmarana, dedicandosi come Cincinnato ai piaceri del brolo. 

È un romanzo breve, autobiografico come lo è “Comedia familiare” o “L’ultimo della classe“ che consta di 59 cartelle battute a macchina datate al giugno 1986. Ma dentro c’è tutto il gusto dell’argomentare di Neri Pozza, il suo pensiero laico e distaccato che non teme giudizi né solitudini (Lea Quaretti, moglie di Neri era morta nell’81, l’anno dopo Neri compone un bellissimo racconto del loro rapporto pubblicato postumo nel 2018 “Frammenti di un discorso interrotto“). Eliseo dovrebbe scrivere ma non lo fa: molti aspettano le sue memorie, semina foglietti in giro, «un pigro con qualche lampo di luce», Salvatore è pronto a pubblicarlo. 

Salvatore, un nome per una missione: è lui ad andare a salutare l’amico, è Pozza a configurarsi nella solida amicizia con Achille (Eliseo) Girotto (1910-1983), diploma agrario, imbarcato per l’Eritrea, imprigionato in India, amministratore poi dell’eredità materna, già presente nel romanzo “Una maschia gioventù”. Svelate le identificazioni, nel racconto compare anche un Virgilio, il libraio Scapin appena scolpito: fa parte della congrega del centro storico che forse per Eliseo è troppo attiva e lo induce ad isolarsi nelle sue contemplazioni bucoliche. Si intravvede anche Goffredo Parise, che fu pubblicato debuttante da Neri Pozza, e viene nominato uno Stefano partito per gli Stati Uniti e là rimasto dopo aver messo su famiglia identificabile nello scrittore Antonio Barolini («lui corre per le strade di New York, io invece mi sento bene qua. Viaggiare mi annoierebbe»). Eliseo e Salvatore - sembra di vederli in veranda, su vecchie poltroncine di vimini - fanno risuonare il pensiero di Neri Pozza a proposito del mondo attorno («capace soltanto di litigare, calunniarsi, mettere trabochetti»), dei letterati («sanno soltanto parlarsi addosso, imbrogliare gli affari più semplici. Credo lo facciano per via dei denari»), del potere delle idee («il mondo è un deposito di dee, basta farle camminare, puoi costruirlo e disfarlo il mondo, renderlo stupendo»), della scrittura(«posso mettermi a scrivere, illudendomi che le mie pagine potrebbero contare qualcosa... non conta nulla pubblicare, è vanità»). La lettura è gustosa, «in un quadrilatero di rapporti che vede il duumvirato virtuoso Barolini-Pozza contrapporsi al binomio vizioso Scapin-Girotto» chiosa Marco Cavalli.

Nicoletta Martelletto

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