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Cultura

Lucio Caracciolo: «L'Ucraina? Sarà il nostro problema per dei decenni»

I chiaroscuri di guerra, gas e ricostruzione dal punto di vista del direttore della rivista di geopolitica Limes

Con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia è finito un secolo e se ne è aperto un altro. Quello della transizione egemonica, conseguente alla crisi dell'impero americano, che porterà ad una «situazione di grande caos capace di durare a lungo e diventare molto pericolosa». A sostenerlo è Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes , che ricorda come la Guerra Fredda fosse un «sistema di pace e di contenimento reciproco».

L'analisi di Caracciolo parte dalla profonda crisi identitaria degli Stati Uniti, non più potenza egemone, che si stanno giocando una partita a tre con Cina e Russia, in due teatri diversi che tendono ad unirsi: il "cerchio"e l'"ellisse", il primo relativo allo spazio europeo e mediteraneo, il secondo è quello della massima tensione tra Cina e Stati Uniti, che verte sul controllo dell'oceano Indo-Pacifico, "chi controllerà quei tratti commerciali, controllerà l'economia mondiale", sentenzia Caracciolo. E' introdotto dal sociologo e politologo Ilvo Diamanti (con dati sull'altalenante sentimento pro o contro l'Europa) nell'aula magna dell'università di Vicenza, su invito dell'Accademia Olimpica, con Istrevi, Fondazione Studi Universitari di Vicenza e Dipartimento di tecnica e gestione dei sistemi industriali dell'università di Padova. I due teatri stanno entrando in collisione, spiega Caracciolo: «Per cercare di risolvere la guerra in Ucraina, i protagonisti stanno cominciando a ragionare su come coinvolgere la Cina in una soluzione di questa crisi, che non è prossima». Una partita a tre, che vede un focus specifico in Ucraina: «Siamo in attesa di una controffensiva ucraina che spiega come siamo entrati ormai in una guerra di "attrito", dopo la fase di movimento, "in cui si cerca di attestarsi sulle rispettive posizioni conquistate, puntando sul cedimento, militare e morale, del nemico». Quale futuro dunque per l'Ucraina in una prospettiva europea? Il relatore precisa come la ricostruzione dell'Ucraina richieda ben 411 miliardi di fondi necessari, di cui il 90% dovrebbero essere investimenti di privati, ma è "francamente difficile ipotizzare anche solo il 10% di privati che intendano intervenire in un territorio disastrato", chiosa Caracciolo. Dunque l'Ucraina è destinata ad essere «il nostro problema per i prossimi decenni» al quale aggiungere l'area del Balcani in cui permangono conflitti «sedati, non risolti, in un contesto di fragilità istituzionale e con una fortissima diffusione criminale».

Una volta che la guerra in Ucraina sarà sedata, «dovremmo aggiungere allo spazio dei Balcani anche quello ucraino grande più del doppio, con decine di milioni di persone che vivranno in condizioni disperate». Tra le conseguenze più dirette per noi europei, l'emancipazione dal gas russo: «Le sanzioni non solo non hanno fatto cambiare idea a Putin, ma non hanno nemmeno colpito l'economia Russia, allenata alle sanzioni dal 1917. Abbiamo diminuito le importazioni, almeno ufficiali, di gas russo, scegliendo l'Algeria come paese di riferimento, in grado di coprire più della metà dell'approvigionamento del gas proveniente dalla Russia». Il dato "divertente", fa notare il direttore di Limes, è come «l'Algeria sia un paese legato mani e piedi alla Russia». Altro paradosso riguarda l'alternativa del gas naturale liquido, che presuppone dei rigassificatori, "proveniente ovviamente dalla Russia". In ottica europea, assumerà sempre più rilievo la posizione della Polonia, «un asset fondamentale», parte fondamentale della "Nuova Europa", impegnata non soltanto nella difesa dell'Ucraina, ma anche nel «tentativo di liberarsi una volta per tutte della minaccia russa». Spicca poi la grande sconfitta,la Germania, che ha perso l'interdipendenza energetica con la Russia e l'egemonia in campo economico-fiscale. Infine l'Italia: «Il paese più filo-russo dell'Ue, che per mancanza di alternative ha deciso di stare dalla parte americana». 

Dario Pregnolato

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