<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
IL LIBRO/1.

Dal Molin, un volo di memoria

L'aviatore campione d'acrobatica, morto a 28 anni nel lago di Garda, perde l'intitolazione dell'ex aeroporto ma non quella della storia aeronautica
Ottobre 1923: Tommaso Dal Molin, allora sergente, a cavalcioni del caccia Spad VII
Ottobre 1923: Tommaso Dal Molin, allora sergente, a cavalcioni del caccia Spad VII
Ottobre 1923: Tommaso Dal Molin, allora sergente, a cavalcioni del caccia Spad VII
Ottobre 1923: Tommaso Dal Molin, allora sergente, a cavalcioni del caccia Spad VII

Giuseppe Versolato aveva promesso un libro sul pilota vicentino Tommaso Dal Molin ed ora quell'impegno è un volume di 78 pagine e 130 fotografie pubblicato da Aviani&Aviani editore. “Tommaso Dal Molin, un eroe da non dimenticare” - il titolo - è un atto di amore, di rispetto e di giustizia verso per un ragazzo nato da umile famiglia a Molina di Altissimo nel 1902, orgogliosamente membro dell'Azione Cattolica della Pieve di Chiampo, morto nel 1930 a 28 anni, inghiottito con il suo aereo nelle acque del lago di Garda, ma così abile come pilota acrobatico da conquistare un prestigioso secondo posto alla Coppa Schneider del 1929 ed un ancor più prestigiosa medaglia d'argento al valore aeronautico.
«È stato un grande aviatore - commenta l'autore e storico vicentino - che all'isola di Man, un anno prima di morire, riuscì nell'impresa di arrivare secondo nella prestigiosa manifestazione nonostante i due idrovolanti da corsa inglesi Supermarine S.6 fossero palesemente superiori».
Tomaso (questo il suo nome all'anagrafe, la emme poi raddoppiò) salì quasi fino al vertice, dove una vita finisce e un'altra, l'eternità, comincia, ma cadde due volte, suo malgrado. La prima, il 18 gennaio 1930, mentre collaudava l'idrocorsa Savoia-Marchetti S.65 che avrebbe dovuto portarlo finalmente alla vittoria nel raid; la seconda, poco tempo fa, con la rimozione del suo nome e la nuova intitolazione dell'aeroporto militare vicentino poi base Usa al cadorino Renato Del Din. Un affronto per molti, editore ed autori compresi, che di fatto scrivono: «Il Dal Molin che noi vogliamo ricordare non è quello cancellato dalla memoria storica vicentina, dopo che a lui era stato dedicato l'aeroporto locale, e il cui nome è assunto a simbolo di lotta contro di quanto è sorto in sua vece. Tommaso, pilota con le “stellette”, rappresentò il prestigio dell'ala italiana nel campo puramente sportivo per l'eccezionale perizia e mirabile ardimento esperimentati su difficili apparecchi di alta velocità, estreme per quei tempi, oltre ai 500 km all'ora».
Parole che diventano a ritroso il racconto di una vita breve, intensa, consumatasi, dopo il trasferimento della famiglia a Chiampo e la prima occupazione alle Officine Pellizzari di Arzignano, in una passione pionieristica per l'epoca. Si arruola nel 1922 ed il 13 ottobre ottiene il brevetto di pilota, viene subito notato dalla Regia Aeronautica che lo sceglie per rappresentare l'Italia nelle gare internazionali di acrobazia, distinguendosi in quella di Zurigo. Nel maggio del 1928 entra alla Scuola Reparto Alta Velocità di Desenzano del Garda, al comando del tenente colonnello Mario Bernasconi, ed inizia la preparazione per la Coppa Schneider, così conosciuta e apprezzata da attirare anche 200mila persone.
Amico di Arturo Ferrarin, che da una barca il 30 gennaio 1930 seguirà tutte le fasi del recupero della sua salma, il maresciallo Tommaso Dal Molin si guadagna l'ammirazione di tutti e la considerazione di eroe senza aver mai sparato un colpo. Dopo la sua morte tre i funerali solenni celebrati: a Desenzano, nel tempio di San Lorenzo a Vicenza ed a Chiampo. Al contrario di Icaro, il suo sogno non si sciolse al sole ma Vicenza gli tributò sempre calore: «Questo libro - conclude Versolato - che esce nel ventennale della fondazione delle Frecce Tricolori di Vicenza, vuole tenerne vivo nome e ricordo».

Roberto Luciani

Suggerimenti