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La docu-serie

Il lato oscuro della moda. Matteo Ward: «Dall’Africa all’India, la mia battaglia green»

Un giro del mondo in sei puntate, realizzate dal’imprenditore e attivista vicentino, per mappare gli effetti devastanti del fast fashion.
Il viaggio compiuto nel lato oscuro della modo dall'attivista e imprenditore vicentino Matteo Ward diventa una docu-serie Sky
Il viaggio compiuto nel lato oscuro della modo dall'attivista e imprenditore vicentino Matteo Ward diventa una docu-serie Sky
Il viaggio compiuto nel lato oscuro della modo dall'attivista e imprenditore vicentino Matteo Ward diventa una docu-serie Sky
Il viaggio compiuto nel lato oscuro della modo dall'attivista e imprenditore vicentino Matteo Ward diventa una docu-serie Sky

«Eccoci qua. Siamo in cima ad una collina fatta di rifiuti, di vestiti, di plastica e là davanti ci sono altre colline, in cui i vestiti sono stati dati alle fiamme. È uno dei posto più raccapriccianti che abbia visto in vita mia». Un posto che risponde al nome di Accra, la capitale del Ghana, dove ogni settimana arrivano quindici milioni di abiti di scarto dai Paesi europei, dagli Stati Uniti, dalla Cina, dal Canada. Dalla “pattumiera” del tessile in cui il ricco Occidente ha trasformato quel pezzo d’Africa si dipana il racconto di “Junk- Armadi pieni”. 

Una docu-serie sul lato oscuro della fast fashion.

Un viaggio nel lato oscuro compiuto dall’attivista e imprenditore vicentino Matteo Ward, in onda da questa sera su Sky Italia. Un giro del mondo per mappare gli effetti devastanti (e il più delle volte inimmaginabili) del fast fashion, ovvero t-shirt a tre euro. Quello che non si vede, insomma, dietro la facciata patinata dei marchi di tendenza, delle pubblicità accattivanti, delle vetrine scintillanti e che Ward ha deciso di portare alla luce attraverso il docufilm in sei puntate realizzato con Will Media e Sky Italia. Un reportage in sei tappe, come i sei Paesi in cui Ward si è recato in questi mesi curando la parte scientifica del documentario scritto e diretto da Olmo Parenti e Matteo Keffer di “A Thing By”: Ward, che si definisce “un pentito di moda” (ha lavorato per un brand internazionale) è stato tra i primi a scoperchiare il vaso di pandora del fashion e a fare i conti con «tutta la crudeltà, l’ingiustizia, la violenza del mondo». 

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Matteo Ward: «Riciclato non vuol dire necessariamente sostenibile»

Parole, queste, utilizzate dal vicentino per descrivere il paesaggio surreale di Accra. Accra come Panipat, in India, dove si vede Matteo “passeggiare” su di una coltre soffice e bianca che non è neve, non è sabbia, ma è una distesa di pezzame in fase di asciugatura dopo un processo di sbiancamento chimico. Una procedura che serve per rendere nuovamente utilizzabili vecchi jeans, magliette, felpe, che in quantità colossali arrivano laggiù per essere riciclati, si fa per dire. «Riciclato non vuol dire necessariamente sostenibile, men che meno in questo caso», sottolinea Matteo. Il fatto che sull’etichetta di un capo sia scritto “fibra riciclata”, insomma, non è garanzia di sostenibilità. Di “green washing”, del resto, Matteo si occupa da più di dieci anni e con questo progetto, nato dall’incontro sui social con Will Media, intende tornare alle origini per poi guardare oltre. 

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Le "discariche tessili" del mondo ed un passaggio nel Vicentino

«Partendo dal crollo del Rana Plaza, nel 2013, abbiamo voluto vedere cos’è cambiato e cosa no e, per la prima volta, offrire al pubblico una docu-serie su queste tematiche in italiano, a metà tra il racconto e l’inchiesta, senza filtri». Contenuti che scuoteranno il pubblico da questa sera (con i primi due episodi sul canale YouTube di Sky Italia, on demand su Sky e su Now, dall’8 aprile anche su Sky Tg24). Oltre a Ghana e India, le puntate si concentreranno sul Cile – altra “discarica tessile” – e, l’11 aprile, su Indonesia e Bangladesh, a 10 anni appunto dall’incidente nella fabbrica tessile di Rana Plaza, in cui morirono oltre 1.100 persone. Dulcis in fundo, il 18 aprile, l’Italia e nella fattispecie il Vicentino, come rivela Matteo: «Ho scelto di fare un passaggio nella mia provincia e in particolare tra Trissino, Arzignano, Cologna Veneta, terre di Pfas».

Giulia Armeni

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