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Montecchio Maggiore

Ha ucciso il padre di botte: ora torna a processo

I carabinieri davanti al condominio di via Beschin 33/A dove era avvenuta la tragedia (Foto d'archivio)
I carabinieri davanti al condominio di via Beschin 33/A dove era avvenuta la tragedia (Foto d'archivio)
I carabinieri davanti al condominio di via Beschin 33/A dove era avvenuta la tragedia (Foto d'archivio)
I carabinieri davanti al condominio di via Beschin 33/A dove era avvenuta la tragedia (Foto d'archivio)

Aveva picchiato l’anziano padre, riducendolo in fin di vita. Dall’accusa di tentato omicidio era stato prosciolto, perché incapace di intendere e volere, e ristretto in una struttura. Dopo il padre era morto, in ospedale, senza più riprendersi; e ora il giudice Crea ha rinviato a giudizio, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Chimichi, Salvatore Pangallo, 52 anni, di Montecchio: l’imputato, assistito dagli avv. Andrea Balbo e Lucia Maron, dovrà presentarsi davanti alla Corte d’Assise il 13 ottobre, per rispondere di omicidio volontario aggravato. L’esito, peraltro, sulla scorta di una perizia psichiatrica che lo aveva ritenuto del tutto incapace, potrebbe essere lo stesso. L’imputato era stato infatti definito dall’esperto nominato dal giudice «non imputabile per vizio totale di mente», e nel primo processo il giudice aveva applicato all’imputato il ricovero per due anni in Rems, la Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, dove Pangallo è ancora ospite. 

Era la mattina del 24 gennaio 2019 quando Pangallo colpì suo padre Francesco, 90 anni, riducendolo in fin di vita. «Non so cosa mi sia successo in quel momento. Ho avuto un raptus. Con mio padre abbiamo discusso e litigato tante volte, ma non gli avevo mai fatto del male. Sono sconvolto, addolorato per quello che ho fatto, enormemente dispiaciuto», erano state le parole con cui aveva risposto al giudice che lo aveva interrogato in carcere dopo il suo arresto. «Ero fuori di me», aveva inoltre spiegato ammettendo le proprie responsabilità e ricordando inoltre come dopo il pestaggio del papà, aveva vagato per il paese, con il cellulare spento e i vestiti macchiati di sangue, prima di essere bloccato dai carabinieri in un bar del paese dove si era fermato a giocare alle slot machines. E proprio la sua forma di dipendenza per il gioco era stata alla base delle numerose liti con il padre al quale chiedeva soldi in continuazione. 
L’imputato aveva aggredito il pensionato, utilizzando una sedia, nell’appartamento di famiglia in via Beschin, a Montecchio. L’anziano aveva problemi di mobilità e quindi era sulla sedia a rotelle; il figlio gli aveva provocato una frattura cranica e altri traumi, oltre a contusioni e lesioni sulle braccia, al volto e in tutto il corpo. A scoprire cosa era successo era stata la madre, rientrata dopo aver fatto la spesa, che aveva lanciato una disperata richiesta di soccorso.
A confermare il clima di tensione che si respirava in casa Pangallo era stata proprio Giuseppina Morabito, la moglie della vittima e mamma dell’imputato, nel verbale che aveva firmato ai carabinieri: «Litigavano spesso. Avevano battibecchi di continuo - aveva ribadito la pensionata - Mio figlio chiedeva i soldi e mio marito non voleva darglieli, perché non era d’accordo con il suo stile di vita. Le discussioni su questo argomento erano all’ordine del giorno». Le perizie a cui l’imputato era stato sottoposto nel corso dei mesi avevano sempre confermato la sua incapacità di intendere e volere al momento di commettere il reato. 

Un anno dopo il pestaggio il pensionato era deceduto in ospedale, senza mai riprendere conoscenza. Secondo quanto ricostruito dalla procura, la morte era avvenuta in seguito ai traumi patiti nel corso dell’aggressione da parte del figlio, che poco prima che il padre si spegnesse aveva chiesto e ottenuto di andarlo a visitare per l’ultima volta. Alla luce del decesso, la procura ha chiesto e ottenuto un nuovo rinvio a giudizio. 
In punto di diritto, la difesa ha sottolineato che non si può processare due volte la stessa persona per lo stesso fatto, ma il magistrato ha replicato che gli eventi (lesioni e morte) sono diversi. Si discuterà ora del dramma famigliare davanti alla giuria popolare.

Diego Neri

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