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Vicenza

Preghiera alpina
La nuova versione
non mette pace

Alle associazioni d'arma non va giù il divieto alla preghiera alpina durante i funerali in chiesa
Alle associazioni d'arma non va giù il divieto alla preghiera alpina durante i funerali in chiesa
Alle associazioni d'arma non va giù il divieto alla preghiera alpina durante i funerali in chiesa
Alle associazioni d'arma non va giù il divieto alla preghiera alpina durante i funerali in chiesa

VICENZA. Sarà una lunga primavera. Tra Curia di Vicenza e associazioni d'arma e combattentistiche beriche, Ana in testa, si preannunciano mesi di ulteriore confronto e forse ancora di gelo. La questione è sempre la stessa: la preghiera dell'alpino. Quale versione, infatti, recitare in Chiesa alle esequie delle penne nere che sono andate avanti"? Quella in cui si chiede di rendere forti le armi o quelle dove non c'è più traccia del passaggio contestato? In questi giorni sul settimanale diocesano "La Voce dei Berici" sono apparse le ultime disposizioni in tema di funerali a firma del vescovo Beniamino Pizziol, ma soprattutto è stata pubblicata la "Preghiera dell'Alpino" scritta dall'Ordinariato Militare. Una risposta affatto tra le righe alla lettera che le associazioni d'arma hanno preparato e sottoscritto la settimana scorsa per chiedere l'intervento della Cei e del cardinale Angelo Bagnasco sulla questione. Per la chiesa di casa nostra non ci sarebbe altro da aggiungere, il prete celebra secondo il rito, non si eseguono canti che non siano della liturgia, ricordi e altro al massimo sul sagrato e d'accordo con l'officiante. Tutto risolto?

 

LA RIFLESSIONE. Non proprio e non solo perché le associazioni d'arma hanno deciso di prendersi qualche giorno di riflessione. Lo conferma Luciano Zanini, portavoce dell'Unuci e del presidente Giustiniano Mancini. «Abbiamo visto e a essere sinceri continuiamo a essere poco d'accordo. Siamo tutti cattolici praticanti ma non riusciamo a capire questa preclusione. Fra qualche giorno ci ritroveremo nella sede di viale Milano per decidere strategie e soprattutto il da farsi». Qualcuno osserva: «È incredibile come la Chiesa o una parte di essa intavoli un dialogo importante con un culto, l'Islam, che non è stato ancora riconosciuto dallo Stato perché manca un accordo al riguardo fra le parti, così come è stato previsto con altre religioni, ma si rifiuti categoricamente di affrontare questa questione con associazioni cui spesso l'Italia si rivolge per essere aiutata».

 

BASTA CONFUSIONI. A rendere ancor più difficile il dialogo proprio la scelta di pubblicare la "Preghiera dell'Alpino". Per Luciano Cherobin, presidente della sezione Ana di Vicenza, quasi una provocazione. «Non riesco a capire, sembra quasi che vogliono imporci la loro versione. Vorrei ricordare all'amico vescovo Pizziol che quella che abbiamo letto sul giornale è la preghiera delle truppe alpine non quella della nostra associazione. La differenza? Nel primo casa parliamo di truppe in armi, nel secondo di alpini in congedo. Comunque ci riserviamo anche noi qualche giorno di silenzio e dialogo con le altre associazioni. Il fatto è che un gruppo che trae la propria origine dall'esercito non può essere costretto a rinunciare alle sue parole d'ordine. Soprattutto quando il termine "armi" non indica un'offesa ma la difesa del nostro territorio e della nostra cività cristiana». Cherobin si toglie poi un altro sassolino: «Ultimamente notiamo che ci vengono chieste diverse cose ma poi non siamo invitati alle cose importanti». Detto, che l'attentato di Londra potrebbe aver fatto saltare tutto il protocollo della visita del principe Carlo di Galles sul Pasubio, a domanda sul ruolo che avranno il presidente fa spallucce: «Ce lo diranno se vorranno. Di certo ci hanno chiesto il trombettiere e lo abbiamo concesso, ma fino ad ora non abbiamo inviti. Intanto continuiamo a lavorare per il grande meeting della Protezione Civile tra il 9 e l'11 giugno a Monte Berico»

Roberto Luciani

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