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La banda dei bancomat
catturata e scarcerata
Manette-bis 4 mesi dopo

Il campo nomadi di viale Cricoli dove i carabinieri hanno eseguito una delle ordinanze di custodia in cella
Il campo nomadi di viale Cricoli dove i carabinieri hanno eseguito una delle ordinanze di custodia in cella
Il campo nomadi di viale Cricoli dove i carabinieri hanno eseguito una delle ordinanze di custodia in cella
Il campo nomadi di viale Cricoli dove i carabinieri hanno eseguito una delle ordinanze di custodia in cella

Erano già stati arrestati alla fine di settembre, ma poco tempo dopo la maggior parte di loro era stata rimessa in libertà dal tribunale del Riesame. Ieri, a distanza di quasi quattro mesi, 16 delle 20 persone accusate di far parte delle due bande che hanno assaltato i bancomat di mezzo Nordest sono tornate dietro le sbarre o sono state ristrette ai domiciliari.

Tra loro ci sono tre vicentini: Matteo Cavazza, di 36 anni, ufficialmente residente fuori provincia ma di fatto domiciliato nel campo nomadi di viale Cricoli, e Lorenzo Cassol, di 50, di Monticello Conte Otto, sono stati portati in carcere; Davide Massaroni, 34, è invece ai domiciliari a Rosà. A settembre era stato arrestato anche Rodolfo Cavazza, 30 anni, pure lui del campo di viale Cricoli.

Come nel caso precedente, le ordinanze di custodia cautelare sono state richieste dalla procura di Treviso al giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale. I blitz dei militari sono scattati all’alba di ieri nelle province di Vicenza, Treviso, Padova, Venezia e Verona. Le forze dell’ordine dovevano eseguire sedici misure, quindici detentive e un obbligo di dimora: due persone destinatarie dei provvedimenti non sarebbero però state rintracciate.

La nuova tornata di misure cautelari si è resa necessaria dopo l’annullamento della maggior parte delle precedenti da parte del tribunale del Riesame di Venezia, che aveva ravvisato un vizio di forma. E dunque scarcerato gli indagati come richiesto dagli avvocati di questi ultimi. L’impianto accusatorio, però, rimane lo stesso. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, gli indagati erano divisi in due bande che hanno messo a segno trentacinque assalti ai bancomat di istituti di credito sparsi tra il Veneto e la Lombardia in appena otto mesi, racimolando un bottino complessivo di mezzo milione di euro.

I due gruppi, composti soprattutto da nomadi e giostrai, erano specializzati nel prendere di mira con l’esplosivo le banche e tra loro c’era un unico collegamento: il trevigiano Jody Garbin, l’artificiere che confezionava e piazzava nei bancomat i piccoli ordigni artigianali, che in gergo vengono chiamati “marmotte”.

Le accuse che, a diverso titolo e a seconda dei ruoli, vengono contestate agli arrestati vanno dall’associazione a delinquere finalizzata all’assalto con l’esplosivo agli sportelli bancomat al furto aggravato di automobili e targhe usate per la fuga dopo i colpi, dalla resistenza a pubblico ufficiale per aver usato la schiuma degli estintori per rallentare l’inseguimento dei carabinieri alla rapina, alla ricettazione di veicoli e attrezzi utilizzati durante gli assalti.

Tra i trentacinque colpi che gli investigatori contestano alle bande, sette sono avvenuti in provincia di Vicenza, tra tentati e riusciti. Il 24 dicembre del 2015 era stata assaltata la filiale della Banca Antonveneta di Sandrigo, dove erano stati razziati circa 10 mila euro. Durante la notte del 13 marzo c’erano stati addirittura tre colpi: al Credito cooperativo trevigiano di Mussolente, alla Volksbank di Tezze sul Brenta e alla banca Popolare di Verona a Rossano Veneto. Il 26 dello stesso mese i nomadi avevano invece messo gli occhi sulla banca Popolare di Marostica, a Vigardolo di Monticello Conte Otto, e il bottino era stato di 22 mila euro. Il 9 aprile era toccato alla Volksbank di Malo, mentre il 23 luglio si era verificata l’esplosione alla banca Antonveneta del gruppo Mps in piazza Marconi, a Montegalda. In città e provincia, le gang avrebbero inoltre commesso numerosi furti di vetture, soprattutto Bmw 320 e Audi S6, utilizzate negli assalti.

Gli investigatori trevigiani hanno sottolineato che le misure cautelari si riferiscono agli episodi già contestati a settembre, ma non hanno escluso che i due gruppi avessero ripreso la loro attività dopo la scarcerazione. Su questo aspetto sono ora in corso degli approfondimenti.

Valentino Gonzato

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