ZOVENCENDO. Un delitto inghiottito dalla notte in cui è stato commesso, quella tra il 12 e il 13 maggio scorsi. Sono passati sei mesi dall’omicidio di Mauro Pretto e nessuno degli interrogativi che accompagnano il delitto ha ancora trovato una risposta. Da quel buio, il giorno dopo, è riemerso solo il corpo senza vita del boscaiolo 47enne che si era ritirato a vivere come un eremita nel casolare isolato in contra’ Gazzo a Zovencendo. Nient’altro. Tutto il resto continua a rimanere immerso nell’oscurità.
Sul caso Pretto, da sei mesi, sono stabilmente impegnati quattro militari del nucleo investigativo dell’Arma. Coordinati dal tenente colonnello Giuseppe Bertoli, in queste ventiquattro settimane hanno scandagliato praticamente ogni aspetto della vita del boscaiolo. Hanno controllato almeno cinquanta persone; tra cacciatori e chi comunque nella zona di Zovencedo e nei paraggi è in possesso del porto d’armi. Un altro centinaio di residenti, amici e conoscenti del “talebano” (così era chiamato Pretto in contrada per la sua passione-ossessione per il bosco e il verde in cui aveva deciso di abitare). Non solo, perché attorno alla zona del delitto sono state visionate e scansionate tutte le telecamere presenti, fino a Barbarano. Ma niente. Il killer non avrebbe lasciato nessuna traccia.
«È tutto molto complicato - ammette il colonnello Alberto Santini, a capo del comando provinciale dell’Arma di Vicenza -. Stiamo parlando di un delitto atipico in cui apparentemente manca un movente, ma noi non abbandoneremo alcuna pista.