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Vicenza

L’80% dei ricoverati ha tra i 50 e i 65 anni e non è immunizzato

Il Covid corre. La variante Omicron avanza e colpisce a raffica i non vaccinati. Già da ieri, effettivo da subito, dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri nella serata di mercoledì, è scattato l’obbligo vaccinale per chiunque abbia più di 50 anni, con il chiaro intento di frenare la curva dei contagi e spingere, chi ancora non si è vaccinato, a farlo. 
Al San Bortolo gli specialisti in prima linea condividono la linea del governo. Oggi l’80 per cento dei malati di Covid ricoverati in rianimazione, pneumologia e malattie infettive, vale a dire i più critici, quelli che rischiano di più di non farcela, di restare a lungo attaccati ai tubi e alle macchine dell’ossigeno, di portare per mesi sulla propria pelle i segni e le conseguenze del “long Covid”, hanno fra i 50 e 60 anni, con proiezioni da una parte verso i 40 e dall’altra verso i 65, e non sono vaccinati. 
Di Covid si muore anche se qualche negazionista continua a dire che si tratta solo di complotto dei virologi, e i numeri, in ospedale, a Vicenza sono la impietosa dimostrazione di una verticalizzazione dei ricoveri in una fascia fra i 50 e 60 anni che nell’Ulss Berica vede ancora ferme al palo del no al vaccino 7.622 persone, cioè il 9,3% della intera popolazione di questo range. È vero che, al primo posto, fra i vicentini renitenti, c’è la fascia 40-49 anni, e che i quarantenni finora privi di qualsiasi copertura raggiungono il 14%, ma è altrettanto vero che ad ammalarsi più gravemente sono gli over 50 per il fatto che più l’età si innalza più il Covid affonda i suoi artigli malefici quando non trova la barriera del vaccino. 
La prova è lampante. Fino alla terza ondata la rianimazione del San Bortolo era invasa soprattutto da over 75 che, invece, adesso non compaiono quasi più fra i ricoverati perché nelle classi più anziane si registra l’en plein di vaccinati, il 100%. «Io l’obbligo l’avrei portato un po’ più in giù - dice il primario della rianimazione Vinicio Danzi - ma già questo è un passo importante. Sono assolutamente d’accordo. I malati che vediamo oggi in terapia intensiva con le polmoniti più disastrose appartengono quasi tutti alla fascia 50-65 anni. Oltre i 66 ne arrivano pochi proprio perché entriamo nelle classi coperte dal vaccino. C’è, ovviamente, anche qualche anziano, soprattutto se con malattie concomitanti, ma questo fa parte delle regole della natura». Anche secondo il primario infettivologo Vinicio Manfrin «è una scelta più che giusta» quella di rendere obbligatorio il vaccino per gli over 50. «Sotto questa soglia - spiega - il rischio si abbassa sensibilmente». 
La discriminante rimane il vaccino. «Se non ci fossero i non vaccinati - dice - oggi in terapia intensiva e in pneumologia non avremmo neppure un ricoverato, e da noi, in malattie infettive, sarebbero pochissimi. Siamo stati costretti a chiudere l’attività operatoria programmata proprio per questa ragione. Se fossero tutti vaccinati non ci sarebbe una situazione del genere». Il rischio, spiega ancora il primario Manfrin, è proporzionale all’età. «Diventa massimo oltre i 65 ma in questo momento a stare peggio sono i non vaccinati fra i 50 e 60 anni. Sono loro che vanno maggiormente tutelati. La scelta è più che razionale sia per la protezione individuale e sia del sistema. È una misura per salvare il servizio sanitario e l’economia». Over 50 non vaccinati, almeno fino ai 65 anni, i più colpiti, dunque, dal Covid perché il tasso di immunizzazione è più basso. I pochi over 70 bisognosi di un posto-letto e di una maschera per respirare entrano in ospedale non per il Covid ma per altre patologie anche se poi vengono trovati positivi. Per loro, quindi, Covid secondario e pandemia causa indiretta del ricovero. Ormai l’andamento è praticamente sempre lo stesso. È una regola diventata quasi fissa in questa quarta ondata che, per effetto del vaccino, ha rivoluzionato il meccanismo del contagio, della malattia, dell’ospedalizzazione. La speranza è che, mentre il picco dei contagi si sposta verso la seconda metà di gennaio con oltre 2 mila nuove diagnosi in 24 ore anche ieri a Vicenza, l’obbligo vaccinale serva a salvare vite ancora relativamente giovani e ad allentare la pressione sugli ospedali.

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