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Vicenza

In poche ore sette ricoveri, tutti non vaccinati, e si abbassa l'età media. «Terza dose necessaria»

Nel fine settimana 7 pazienti sono stati accolti nei reparti Covid al San Bortolo. Tre sono in rianimazione
Nel fine settimana 7 pazienti sono stati accolti nei reparti Covid al San Bortolo. Tre sono in rianimazione
Nel fine settimana 7 pazienti sono stati accolti nei reparti Covid al San Bortolo. Tre sono in rianimazione
Nel fine settimana 7 pazienti sono stati accolti nei reparti Covid al San Bortolo. Tre sono in rianimazione

Crescono i contagi. Lentamente. Ma gli arrivi in ospedale aumentano anche se non c’è la pressione asfissiante della terza ondata e i numeri rimangono sotto controllo. Una cosa, però, è certa. Un anno fa di questi tempi l’ospedale era Covid-free, non c’era nessun ricoverato, mentre adesso i medici temono un impatto sempre più pesante man mano che diventerà percepibile nei prossimi giorni l’effetto-rientro. Ora i ricoverati al San Bortolo sono 19. La variante Delta continua a colpire con durezza anche se si abbatte con maggiore ferocia solo su alcuni. Questo è il senso del turnover rapidissimo che si registra in ospedale in una fase che mantiene le sue specificità più rilevanti. La prima è che il virus attacca quasi sempre i non vaccinati. La seconda che questa famelica variante arrivata dall’India predilige i giovani. In questo momento 8 malati vengono assistiti in malattie infettive, in un reparto ormai votato alla lotta contro il Covid che nelle ultime ore ha visto 2 nuovi ingressi e 3 dimissioni. Altri 6 pazienti sono in pneumologia, e qui nel giro di una mattinata ci sono stati 2 ulteriori ricoveri. Un nuovo arrivo in rianimazione dove adesso i pazienti ventilati sono 3. Restano in osservazione in pediatria una giovanissima mamma e la sua figlioletta di appena 2 mesi.

 

Ad avere il polso di questa situazione in divenire è il pronto soccorso. Il primo filtro è nel reparto-avamposto diretto da Francesco Corà. I casi sospetti vengono intercettati in una zona franca speciale. Da venerdì a domenica, gli accessi-Covid sono stati 13 e i ricoveri 7. Una sorpresa pure per il primario, un segno che dà inquietudine e, inoltre, le conferme che caratterizzano il fenomeno epidemiologico di agosto: «Normalmente i pazienti ricoverati sono un 20-30% delle persone che visitiamo. Questa volta sono stati più del 50%. E l’età media è di 49 anni. Il più anziano ha 61 anni. La più giovane una donna di 32. E nessuno era vaccinato».

 

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La forma più grave, una violenta polmonite virale, è quella che ha colpito proprio la malata più green, una trentaduenne di Altavilla incinta di 8 mesi entrata sabato in ospedale e trasferita d’urgenza in pneumologia per essere sottoposta alla ventilazione non invasiva. La polmonite le aveva mozzato il fiato ed è stato necessario utilizzare la maschera di ossigeno con reservoir. Poi, le condizioni sono peggiorate e, allora, dopo un consulto, è stata portata in sala-parto dove ha dato alla luce una bambina di 2 chili. Adesso la mamma è in rianimazione ma non è intubata. L’insufficienza respiratoria rimane consistente e i medici la seguono assiduamente. La piccola è in una culla termostatica in isolamento in una stanza separata della terapia intensiva neonatale, che in questi giorni accoglie 15 prematuri fra i quali uno che pesa appena 600 grammi, ed è assistita a tempo pieno dal personale. Le viene somministrato un po’ di ossigeno ma solo per la prematurità ma, tutto sommato, sta bene. Al primo tampone la piccina è risultata negativa ma ora verrà monitorata con test successivi fino al quattordicesimo giorno. È ricoverato, invece, in malattie infettive, il paziente meno giovane, un sessantunenne di Noventa. 

 

Non, dunque, una ondata travolgente ma una crescita che tiene in ansia. Preoccupa pure il fatto che si siano positivizzati, ma senza sintomi, due infermieri dell’ospedale vaccinati a gennaio. È la prova che il titolo anticorpale acquisito con la profilassi viene meno con il trascorrere dei mesi ma anche che la variante Delta attenua la potenza del vaccino e riesce a penetrarne la corazza. «Si dovrà entrare nell’ordine di idee che la terza dose è necessaria», dice il primario infettivologo Vinicio Manfrin. 

Franco Pepe

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