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Caldo record

Gli effetti di Lucifero in ospedale fra ossi di faraona, traumi, coliche e punture di insetti

In aumento gli accessi al pronto soccorso del San  Bortolo (Foto Archivio)
In aumento gli accessi al pronto soccorso del San Bortolo (Foto Archivio)
In aumento gli accessi al pronto soccorso del San  Bortolo (Foto Archivio)
In aumento gli accessi al pronto soccorso del San Bortolo (Foto Archivio)

«Non riesco a respirare». Un osso di faraona, neppure piccolo, incastrato nella gola, nel tratto superiore dell’esofago, di quelli che fine pranzo si usano per giochi portafortuna. Lunedì pomeriggio una donna di 72 anni, residente in città, si è presentata al pronto soccorso del San Bortolo in preda al panico. Respiro affannoso. Difficoltà a deglutire. «Non so come sia accaduto. Stavo mangiando. Mi sono sentita pungere. E ho realizzato che qualcosa mi era finita in gola. Non immaginavo fosse un osso». In effetti era un osso della gallina di Numidia, una delle prelibatezze gastronomiche della cucina nostrana. Solo che questa volta la specialità della casa nascondeva un insidioso trabocchetto. L’ingestione di corpi estranei non è una novità per i medici del pronto soccorso, guidati dal primario Francesco Corà. Negli ambulatori in cui affluiscono i vari codici di gravità se ne vedono di tutti i colori. Sono spesso i bambini a ingerire ciò che capita a tiro: piercing, pezzi di giocattoli, chiodi e un infinito repertorio di oggetti. Gli ossi andati di traverso sono una prerogativa degli adulti. Ma questa volta anche medici e infermieri si sono stupiti per l’insolito incidente. 

A togliere il respiro all’anziana era un osso lungo circa 4 centimetri e largo un paio. Ovviamente è scattato l’allarme rosso. In questi casi l’unica soluzione è l’intervento chirurgico. La pinza calata nella gola per estrarre ciò che non dovrebbe esserci e non può rimanere a lungo in quella posizione per non mandare in asfissia il paziente e non perforare parti vitali. Si è allora allertato il gastroenterologo di turno. Si è attivato in pochi minuti il team operatorio. La donna è stata portata in sala, addormentata con l’anestesia generale, e operata. L’intervento è andato nel migliore dei modi e le sue condizioni sono subito migliorate. La paziente è stata poi ricoverata per un periodo di osservazione in cui, certamente, avrà il tempo di meditare sulla brutta avventura accaduta a tavola, ma anche sul lieto fine propiziato ancora una volta dalla tempestiva e coordinata azione della macchina ospedaliera di urgenza. 

 

Tutto questo in una settimana di pre-Ferragosto, in cui, in una città semi-deserta e in un ospedale dai ritmi più blandi, il pronto soccorso continua ad essere il luogo più affollato in assoluto di Vicenza con punte-record di afflusso, fino a 250 accessi al giorno e mai meno di 200 nelle 24 ore. Non c’è tregua per il reparto di primo intervento del San Bortolo che adesso deve fare i conti con due problemi in più: il ritorno dei malati Covid e il gran caldo sahariano che sta mettendo a dura prova soprattutto gli anziani. A frotte i nonnini disidratati, affamati di aria, sull’orlo della sincope o in pieno collasso, e per fortuna tutti vaccinati.

 

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Ma il campionario delle patologie, dei malesseri, dei traumi da incidenti, in questo assolato scampolo di agosto, è particolarmente vasto, ed è tipico dei mesi estivi. «Abbondano le coliche renali perché la gente beve poco», spiega la vice primario Lucia Pedrini, anche lei da mesi in prima fila e in trincea. Fra i casi più singolari un uomo di 58 anni con il corpo strapieno di punture di insetti. «Come avesse la varicella». Il signore negava di essere stato vittima di tanti piccoli morsi ricevuti da parassiti di campagna in libera uscita, ma il dermatologo ha confermato la diagnosi. Poi, tante cadute da biciclette e scooter. 

 

Franco Pepe

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