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Vicenza

«Così la leucemia
mi ha insegnato
il senso della vita»

di Marco Scorzato
Sandro Pupillo, 37 anni
Sandro Pupillo, 37 anni
Sandro Pupillo, 37 anni
Sandro Pupillo, 37 anni

A momenti, mentre ne parla seduto sul divano di casa, con la semplicità di sempre ma con la mascherina bianca a coprirgli la bocca, sembra persino dirle "grazie". A lei, alla leucemia contro cui sta combattendo. «Con la malattia sono cambiato. Ora, nelle mie brevi passeggiate quando il caldo dà una tregua, mi soffermo anche ad ascoltare il frinire nelle cicale: è un canto che mi rallegra, in città non si sentiva da tempo». Sono le piccole cose a cambiare la vita. Oppure i grandi macigni, che piombano all'improvviso. A Sandro Pupillo, 37 anni, sposato, la passione per la politica e un seggio in Consiglio comunale da capogruppo della Lista Variati, è toccato in sorte tutto questo in un solo lungo momento che dura da quattro mesi. Luglio l'ha passato a casa, ma ora deve «rientrare in ospedale, per il quarto ciclo di chemioterapie».

LA SENTENZA. Ci sono giorni che non puoi dimenticare, come quello in cui scopri che nulla sarà più come prima. «Era il 14 aprile, mi hanno ricoverato d'urgenza: leucemia acuta promielocitica ad alto rischio. Una forma molto aggressiva, con rischio altissimo di emorragie». Tutto era iniziato pochi giorni prima, proprio «con emorragie alla retina». Le visite, la sentenza. «E in un istante tutto è diventato relativo». Su tutto la malattia ha premuto il pulsante "pausa". «Sul mondo della musica», di cui Pupillo ha fatto un lavoro nella Società del Quartetto, «sul Consiglio comunale, sui rapporti con le persone: avevo bisogno di concentrare tutte le energie nella lotta alla malattia. Per questo non sono riuscito a rispondere a tutti i messaggi ricevuti nei primi giorni: una quantità enorme, inaspettata. Anche da persone che non conoscevo. È per ringraziarli tutti che ho scritto il primo post su Facebook. Non potevo immaginare che ne avrei scritti così tanti».

IL DIARIO. È iniziata così la battaglia di Sandro Pupillo. Una tutta interiore, di cui nessuno mai conoscerà le pieghe, le fatiche, le paure, le gioie. E una pubblica, per quella scelta un po' casuale di raccontarsi, dal diario social, a quel mondo che tifa per lui. «E più scrivo, più gli amici commentano, e se non lo faccio mi chiedono: perché non scrivi, che ci fa bene?». Il mondo ribaltato, o forse no. Perché davvero fa bene leggere quelle parole, così diverse da ciò che prevale sui social network. «Allora ho pensato: se posso essere uno strumento per far stare bene gli altri, perché non provarci?». Chi non lo conosce potrebbe farsi una strana idea. «Non sono un supereroe, cerco solo di andare avanti con positività. Combatto, perché voglio vincere questa sfida. E ne parlo. Scrivo col cellulare, in modo semplice, forse banale». Ma il cuore aperto di Sandro va al cuore di chi legge. «Raccolgo solidarietà e affetto. C'è chi mi chiede consigli, ma non ne ho da dare, se non quello di essere forti: perché la malattia logora nel fisico, ma molto nella psiche».

LA PAURA. Sandro Pupillo si apre, ma non è facile per gli altri varcare la soglia della sua interiorità. Perché, ora, è un filo sottile che unisce l'alfa e l'omega. «La vita e la morte». E la paura? «Sì, anche la paura. Ne ho avuta, due volte in particolare. La prima quando mi hanno diagnosticato la malattia: la paura di morire. Ma non tanto una paura per me, quanto quella di lasciare le persone che amo, la paura della loro sofferenza. Anche perché due anni fa è mancata mia madre. L'altro picco è stato quando ho preso la polmonite, dopo l'inizio delle cure. Le chemio ti azzerano le difese immunitarie. È durata una decina di giorni. Mi sono detto: o la va o la spacca. Ne sono uscito».

LA CONDIVISIONE. E dove finisce la paura inizia il coraggio, la linfa della lotta. «La degenza, nel reparto di ematologia dove ho conosciuto persone preparatissime, è fatta di tanti momenti, di apprensione ma anche di risate». Ed è lì che Pupillo ha conosciuto altri lottatori come lui. «Stefano, Davide e Matteo», di cui parla nei post. «Chi ha la malattia è come chi sa leggere lo spartito: ha qualcosa che altri non hanno». E con il garbo di sempre, non dimentica «Maurizio, che purtroppo non ce l'ha fatta», né «tutti gli altri che stanno in altri reparti: al San Bortolo io sono solo uno dei tanti», dice.

LA MEDITAZIONE. I ricoveri, i prelievi, i rientri a casa, la mascherina, i timori, gli affetti. La malattia è un caleidoscopio e Sandro Pupillo vuole comprenderla fino in fondo. «Mi aiutano molto la preghiera e la meditazione» racconta. «Sono sempre stato credente, mi sono fatto battezzare a 16 anni. La presenza del divino nella mia vita c'è sempre stata e forse devo a questo una "familiarità" con l'idea della morte, che avevo già prima di scoprire la malattia: questo mi sta aiutando». Nella sua meditazione, ha riflettuto «sulla differenza tra l'essere malato e avere una malattia. È malato chi ha una dipendenza, alcol, droga o sesso che sia. Perciò io non mi sento malato, ma sono conscio di avere una malattia che sto curando con l'impegno dei medici e mio».

IL SAPORE DELLA VITA. Una pausa, poi rilancia. «Eppoi la malattia non è tutta negativa, può essere occasione per fare ordine nella vita. Per me è così. Prima ero disordinato, anche nell'alimentazione, facevo tante cose ma a volte perdevo di vista il loro peso reale. Ora ho imparato a prendermi cura di me stesso, a riconoscere l'effimero, cui in passato, col senno del poi, ho dedicato troppi momenti». Ed è lì che pensa a «don Andrea Guglielmi», che chiama «Capitano, mio capitano», e la mente corre al Robin Williams-professor Keating de L'attimo fuggente. Al carpe diem. «La malattia mi ha insegnato ad assaporare ogni istante della vita». Un sapore che passa anche dalla gratitudine. «Per chi mi scrive, ma prima ancora per i medici e gli infermieri del San Bortolo e per la mia famiglia: mia moglie, mio padre e mio fratello sono la mia forza. Se riuscirò a vincere la malattia, si aprirà un periodo nuovo per la mia vita, più consapevole. Sembra strano, ma sto facendo tanti progetti, di lavoro e di vita. Se diventare papà può dirsi un "progetto", ecco, quello è il mio. E poi vorrei sensibilizzare alle donazioni di sangue e midollo. Quante vite si possono salvare...».

L'(AUTO)IRONIA. In battaglia è meglio andarci con gli alleati. Quello di Sandro Pupillo è l'ironia: non gli è mai mancata, né ora l'ha abbandonato. «Finora è andato tutto bene. Sto perdendo capelli e peli e mi riscopro ogni giorno un po' diverso - ha scritto su Fb -. A volte mi guardo allo specchio e sorrido (altre meno). Ma se penso che tre mesi fa ero attaccato alla vita per un filo, tutto questo passa in secondo piano». Ora la lotta continua. «Torno in ospedale». Prima dei saluti, un sorriso. «In un'ora non abbiamo mai parlato di politica». Un problema? «Non direi».

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