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Politica

Fontana alla guida della Camera: così strada in salita per Erika Stefani

L’elezione del deputato leghista potrebbe chiudere alla vicentina la possibilità di entrare nel governo
Colleghi leghisti: Erika Stefani e Lorenzo Fontana qualche anno fa
Colleghi leghisti: Erika Stefani e Lorenzo Fontana qualche anno fa
Colleghi leghisti: Erika Stefani e Lorenzo Fontana qualche anno fa
Colleghi leghisti: Erika Stefani e Lorenzo Fontana qualche anno fa

Potrebbe non essere più così sicuro il ministero per Erika Stefani. Il nome della leghista vicentina, due volte ministro in due governi diversi, quello gialloverde e quello di Mario Draghi, nelle ultime settimane è sempre stato considerato uno di quelli con elevate chance di finire di nuovo nella cabina di regia di Palazzo Chigi, che attende a breve i suoi nuovi inquilini. 
Nelle scorse ore però qualcosa è cambiato e a Roma, dove l’unità del centrodestra si è frantumata in un amen, la posizione di Stefani non viene più considerata granitica. Anzi, viene considerata a forte rischio. Il che non significa (per ora) che sia del tutto fuori gioco, significa però che la riconferma sembra essere diventata niente affatto scontata. 
E l’elezione a presidente della Camera di Lorenzo Fontana, oltre ad essere un evidente sgarbo di Matteo Salvini al governatore più amato d’Italia, Luca Zaia, potrebbe, secondo la versione che circola nei palazzi della politica romana, aver complicato le cose per Stefani. 

I retroscena

Perché? Fontana, ultra cattolico, ultra-sovranista, anti-abortista, ha il passaporto veronese in tasca e con un veneto nominato ai vertici più alti delle istituzioni, è chiaro che gli spazi per altri veneti nella squadra di governo si restringono. 
Ma il punto non è solo questo. Stefani era data in predicato per tornare a ricoprire la casella del ministero degli affari regionali e delle autonomie, lo stesso ruolo che svolgeva nell’esecutivo di Giuseppe Conte
Bene, l’ultima indiscrezione indica invece per quel ministro Roberto Calderoli, big leghista che ha dovuto cedere il passo a Ignazio La Russa per la presidenza del Senato e che verrebbe “risarcito” del bon geste con un ministero che a lui, lombardo come Salvini, potrebbe permettere di mettere il cappello sull’autonomia. Ammesso e non concesso che ci si riesca. Visti i precedenti è lecito dubitare. 

Calderoli in pole per un ministero

Palazzo Chigi: si complica per Erika Stefani la possibilità di diventare ministro per la terza volta
Palazzo Chigi: si complica per Erika Stefani la possibilità di diventare ministro per la terza volta

In ogni caso, è chiaro che se quella fosse effettivamente la destinazione di Calderoli, sbarrerebbe la strada a Stefani. A ieri però circolava anche una diversa versione, da pendere tuttavia con le pinze. Anche perché la verità è che solo Giorgia Meloni il suo cerchio ristretto hanno un quadro di massima su quale potrebbe essere la squadra ministeriale e il puzzle non è ancora composto nel suo intero. 

La partita resta aperta

Detto ciò, i cellulari dei parlamentari di centrodestra nelle scorse ore si sono illuminati per l’arrivo di un messaggio con un’ipotetica, ma non si sa quanto attendibile, bozza di lista di ministri: Calderoli in questo caso viene sì indicato come ministro alle Riforme con delega alle autonomie, ma agli Affari regionali, quindi scorporando l’attuale ministero, si leggono due nomi. Uno è quello di Stefani. L’altro è quello di un’altra vicentina della Lega, che si sarebbe segnalata per movimentismo, Mara Bizzotto. Ma, appunto, questa seconda versione è da maneggiare con molta cautela. 
La partita è ancora aperta, ma il tempo scorre: giovedì dovrebbe essere il giorno delle consultazioni e dell’incarico formale conferito dal presidente Mattarella alla premier in pectore Giorgia Meloni per formare il suo governo di destra, che non ancora nato fa già i conti con le divisioni tra alleati. Ma le lancette bruciano il tempo di tutti e i punti fermi, ministeri compresi, non possono attendere ancora molto. 

 

Roberta Labruna

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