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La psicologa

«Il gap generazionale è enorme, come se adulti e ragazzi parlassero lingue diverse. Bisogna scavare nelle loro parole»

Giulia Disegna, psicologa e psicoterapeuta, è specializzata in disagio adolescenziale. Il Covid ha stravolto l'esistenza dei più giovani. Disturbi alimentari, ritiro sociale e comportamenti violenti sono sempre più frequenti.

Crescere è difficile, lo è sempre stato. Ma mai come in questo periodo. Prima il lungo, lunghissimo periodo della pandemia, poi gli scenari internazionali di guerre e conflitti. La vita degli adulti ha subìto cambiamenti e le prospettive per il futuro vacillano, ma per i giovanissimi si può parlare di veri e propri stravolgimenti. «L'adolescenza è un momento in cui si fatica a capire se stessi e chi si è - considera Giulia Disegna, psicologa e psicoterapeuta specializzata in disagio adolescenziale - ed è importante il riconoscimento dei propri pari, più che quello degli adulti. Questo può far scattare meccanismi a volte brutali per ottenere rispetto. A ciò si aggiungano tutte le conseguenze del Covid, che ha portato a una rivoluzione delle regole, soprattutto per quanto riguarda i rapporti interpersonali. La nostra società è caratterizzata dal narcisismo, essere riconosciuti dagli altri diventa fondamentale. L'idea che i ragazzi hanno di se stessi è "riflessa": ovvero si vedono come gli altri li vedono».

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In questo scenario complesso i social hanno un forte peso: sono un riconoscimento, una vetrina. «Nel momento in cui i ragazzi realizzano che un'azione, un comportamento producono "like" scatta la spinta emulativa». Un momento delicato per i giovani, ma anche per le famiglie che sempre più faticano ad avvicinarsi ai figli. «Gli adolescenti - continua Disegna - difficilmente affrontano questioni delicate con i genitori, preferiscono farlo con i coetanei. Oggi il gap generazionale è enorme, è come se ci si parlasse in lingue diverse». «Il malessere può sfociare in tanti modi: di certo, negli ultimi due anni c'è stato un aumento esponenziale di disturbi alimentari, soprattutto per quel che riguarda le giovani. E si manifestano sempre prima, già da bambine, a nove, dieci anni. Per quel che riguarda i maschi sono cresciuti i fenomeni di ritiro sociale e sempre più spesso si sente parlare di baby gang». E poi, ancora, c'è la piaga del bullismo. «Il bullo schiaccia qualcuno per elevarsi - spiega l'esperta -. Indubbiamente per arrivare a questi comportamenti il clima che si respira in famiglia e nella società conta. Il bullo non è sicuro, anzi. Ha complessi d'inferiorità e cerca un modo, ovviamente del tutto sbagliato, per affermarsi. Il grosso problema, però, è dato non solo da questa figura ma anche dai "gregari" che lo sostengono».

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La parola d'ordine per i genitori diventa dunque attenzione. «È fondamentale cercare di entrare nella vita dei figli anche se si incontra resistenza - continua la psicologa - e bisogna sempre cercare di non sottovalutare parole che potrebbero far intravedere un disagio. Bisogna cercare di scavare, di andare oltre le risposte evasive che tendono a dare, usando toni leggeri e non inquisitori». E poi, naturalmente, ci deve essere l'aspetto del controllo. È importante spiegare e fare comprendere che vigilare è necessario perché la responsabilità di eventuali errori ricade anche sui genitori. «E questo è anche un modo di trattare i figli da pari, non più come bambini». Ma c'è anche per i giovani una parola da non dimenticare, un sentimento da coltivare: fiducia. «Crescere è difficile, molto - conclude Disegna - e proprio per questo è importante chiedere aiuto ai "grandi". Non escluderli a priori, ma dare, appunto, fiducia. E se non si riesce ad affrontare la questione con il proprio padre o la propria madre farlo con gli insegnanti, rivolgersi a un consultorio, interpellare servizi di sostegno che garantiscono sempre l'anonimato».

Claudia Milani Vicenzi

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