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Il report

Onu, allerta Pfas: «Non è ancora iniziata la bonifica»

Il relatore speciale Marcos Orellana è stato qui un anno fa. L'inviato delle Nazioni unite: ci sono 800 mila persone coinvolte e l'Italia ha fallito nell'informare i cittadini dei rischi. Critiche alla Regione, specie sui dati dei cibi.
Il relatore speciale dell'Onu Marcos Orellana poco prima della sua ispezione nel sito della ex Miteni a Trissino: è il dicembre 2021
Il relatore speciale dell'Onu Marcos Orellana poco prima della sua ispezione nel sito della ex Miteni a Trissino: è il dicembre 2021
Il relatore speciale dell'Onu Marcos Orellana poco prima della sua ispezione nel sito della ex Miteni a Trissino: è il dicembre 2021
Il relatore speciale dell'Onu Marcos Orellana poco prima della sua ispezione nel sito della ex Miteni a Trissino: è il dicembre 2021

«In troppe situazioni l'Italia ha fallito nel proteggere la popolazione dall'esposizione a sostanze tossiche, come per le centinaia di migliaia di persone del Veneto che hanno subìto l'impatto di acqua contaminata da sostanze perfluoroalchiliche (pfas) dovute all'attività dello stabilimento della Miteni». È una delle pesanti conclusioni del report depositato quest'estate dal "relatore speciale" dell'Onu, Marcos Orellana, dopo il suo sopralluogo in più siti italiani, tra cui anche Porto Marghera, nella prima metà di dicembre di un anno fa.

Preoccupazione

Nella sua relazione Orellana approva il nuovo Codice dell'ambiente varato nel 2015 dall'Italia, con la definizione di una serie di reati ambientali e le relative sanzioni, anche se sottolinea di essere preoccupato per i tempi brevi di prescrizione previsti dalla norma. E su Porto Marghera sottolinea che la bonifica avanza molto lentamente. Ma dedica una sezione del suo report alla forte preoccupazione per la vastità dell'inquinamento da pfas, conosciute come sostanze "forever chemicals", cioè indistruttibili. E sottolinea quanto sia inimmaginabile il dolore che può provare una madre quando scopre di aver passato quei pfas nel sangue del figlio neonato per il solo fatto di averlo allattato. Sottolinea anche che ci sono indicazioni del fatto che chi guidava la Miteni di Trissino - ricorda che c'è un processo in corso - fosse cosciente dell'inquinamento che si stava causando, ma non ha agito per offrire protezione nemmeno ai suoi lavoratori. E di fronte a un'area di 200 chilometri quadrati inquinata «a oggi non son state adottate iniziative di bonifica nell'area più colpita, anche se la Miteni ha chiuso da 4 anni e la bonifica è stata richiesta dal 2016».

I filtri sì, ma non basta

Orellana ricorda che la Regione ha imposto l'installazione di filtri a carboni attivi per gli acquedotti, ha investito in nuovi impianti per portare acqua pulita nella zona inquinata e ha poi nel tempo imposto interventi ad aziende che utilizzano i pfas nelle loro lavorazioni. Ma per il relatore speciale dell'Onu le autorità hanno fallito nell'avvisare la popolazione dei rischi che si stavano correndo, e cita gli effetti ormai chiarissimi di infertilità, aborti spontanei e anche di alcune forme di tumore. Il biomonitoraggio della popolazione è iniziato nel 2016-17, sottolinea, ma erano già passati tre anni dall'allerta giunto dal Cnr e molti cittadini solo allora hanno avuto coscienza degli impatti dei pfas sulla loro salute. In più lo screening non ha riguardato tutti. Le stesse informazioni sui cibi prodotti in zona che possono essere contaminati hanno tardato a essere rese disponibili, e nel novembre 2021 «la Regione ha respinto» la proposta di estendere al pubblico iniziative di informazione sull'inquinamento da pfas, in particolare per la loro diffusione negli alimenti.

Il report dell'Onu scrive che studi promossi da organizzazioni civili «continuano a mostrare la presenza di pfas nell'acqua potabile, anche nelle scuole», e c'è una stima secondo cui ben 800 mila persone sono state esposte ai pfas tramite l'acqua potabile. L'inquinamento da pfas poi per Orellana deriva anche da altre attività produttive della regione (la Regione ha sempre ricordato che non c'è alcun paragone con le quantità trattate dalla Miteni). E infine l'Onu ricorda che con lo stabilimento piemontese della Solvay a Spinetta Marengo (Alessandria) ci si potrebbe trovare di fronte a un «disastro ambientale molto simile».

Piero Erle

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