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Sandrigo

L'odissea di Faresin: «Se Lufthansa non ritrova la mia canoa farò causa»

«Della mia canoa non si sa ancora niente. Per fortuna ho deciso di tornare perché altrimenti dover attendere l’arrivo del bagaglio a Kotzebue, un avamposto nell’Alaska in mezzo al nulla, sarebbe stato un vero e proprio incubo». A pochi giorni dal rientro forzato in Italia Beppe Faresin, l’uomo del kayak di Sandrigo, ha il morale sotto i tacchi: non ha potuto affrontare a colpi di pagaia e in solitaria i 684 chilometri del Noatak River, fiume interamente sopra al circolo polare che attraversa un’immensa riserva protetta. Una spedizione, la sua “dodicesima fatica”, su cui ha lavorato negli ultimi sei mesi allenando il fisico e la mente e preparando con estrema cura ogni singolo dettaglio logistico. Non è stata, però, la natura selvaggia a mandare a monte l’impresa, ma lo smarrimento da parte della compagnia aerea del suo bagaglio più importante, quello contenente l’unica cosa tra i 150 chili di materiale portato con sé che non avrebbe potuto rimpiazzare una volta atterrato nello stato americano o di cui avrebbe potuto fare a meno: la canoa. «Si tratta di un kayak prodotto da una ditta tedesca, con telaio in carbonio e struttura in gomma, del valore di circa 8 mila euro. A più di una settimana dalla comunicazione di smarrimento, non si sa ancora dove possa essere finito», spiega il vicentino di 69 anni.

«Se considero poi le spese affrontate per la preparazione, il viaggio di andata e quello di ritorno, aumenta e non di poco l’entità del danno economico che ho subito. Ma per quanto ingente esso sia, devo dire che passa in secondo piano rispetto all’impatto sul morale provocato da questa disavventura: non avere avuto la possibilità di iniziare la spedizione pur trovandomi alla foce del fiume, a un passo dai blocchi di partenza, per me è stato il risvolto peggiore, che mi provocato tanto sconforto e rabbia». Sentimenti che trapelano dalla comunicazione inviata martedì da Faresin a Lufthansa per chiedere che la borsa contenente la canoa venga recuperata al più presto, oltre a un rimborso.

«Ho curato minuziosamente i particolari di questo viaggio ed era tutto pronto, sono stato attento a ogni dettaglio e l’unica variabile, fuori dal mio controllo, era proprio quella del trasferimento aereo. In Alaska ho conosciuto due ragazzi, un italiano di Bolzano e un tedesco, che volevano recarsi a pescare sul Noatak. Anche a loro è stato smarrito un bagaglio e, come me, hanno atteso con fiducia un aggiornamento dalla compagnia aerea, mai arrivato. La loro fortuna è stata quella di trovarsi a Fairbanks, una città di circa 30 mila abitanti. Hanno quindi avuto la possibilità di noleggiare l’attrezzatura necessaria», aggiunge il sandricense, evidenziando i troppi disagi in cui sono incappati tanti viaggiatori a causa della situazione critica che sta attraversando il settore del trasporto aereo. «Se Lufthansa non dovesse rispondere del danno che mi hanno provocato, procederò per vie legali. È scontato che l’anno prossimo tornerò sul Noatak river. Riuscire a percorrerlo, dalla sorgente fino alla foce, sarebbe un regalo per festeggiare i miei 70 anni e dare ancora una volta filo da torcere alla vecchiaia». 

Marco Billo

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