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Stop all'avventura

Canoa sparita in aeroporto. L'esploratore Faresin deve dare forfait in Alaska

Beppe Faresin in partenza dall'aeroporto di Venezia con i bagagli poi smarriti durante i trasferimenti aerei verso l'Alaska
Beppe Faresin in partenza dall'aeroporto di Venezia con i bagagli poi smarriti durante i trasferimenti aerei verso l'Alaska
Beppe Faresin in partenza dall'aeroporto di Venezia con i bagagli poi smarriti durante i trasferimenti aerei verso l'Alaska
Beppe Faresin in partenza dall'aeroporto di Venezia con i bagagli poi smarriti durante i trasferimenti aerei verso l'Alaska

Termina a meno di una settimana dalla partenza dall'aeroporto di Venezia l'avventura di Beppe Faresin sul Noatak river in Alaska. Non sono stati gli orsi, i lupi, le temperature rigide, le condizioni meteorologiche avverse o le insidie del fiume e della natura selvaggia a obbligare l'uomo del kayak a tirare i remi in barca, ma lo smarrimento di un bagaglio durante il trasferimento in aereo. Una sacca contenente parte della canoa, persa dalla compagnia allo scalo di Francoforte. L'imprevisto ha scombinato i piani del 69enne di Sandrigo che dal Veneto è volato nella città tedesca, poi ad Anchorage e infine ha raggiunto l'avamposto di Kotzebue. «Non è arrivata la borsa con la canoa», è l'aggiornamento di Faresin pubblicato mercoledì sui social. «Aspetto con ansia che mi venga consegnata. In caso contrario, per colpa della Lufthansa, la spedizione potrebbe essere compromessa. Pensiamo positivo e incrociamo le dita».

Speranze che si sono infrante solo due giorni dopo quando, in seguito a svariati tentativi di riuscire a individuare la sacca e lunghe telefonate con le compagnie aeree, è arrivata l'amara conferma. «Il mio bagaglio non si trova. Dopo quattro giorni nessuno sa dove sia finito. A causa degli scioperi l'aeroporto di Francoforte è nel caos e risulta praticamente impossibile parlare con il call center. Anche Alaska Airlines non riesce a individuarlo o a indicarmi un'ipotetica data di arrivo della sacca», ha spiegato venerdì. «Senza canoa non posso proseguire, o meglio iniziare, il mio viaggio. Sono veramente amareggiato perché mi ritrovo di fronte alla foce del Noatak, a un passo dalla meta. Gli ultimi sei mesi sono stati di duro lavoro, di preparazione, di risorse investite, ma purtroppo devo riprogrammare la spedizione e posticiparla di un anno».

Con la stessa tenacia con cui dal 1977 a oggi è riuscito a solcare in kayak i fiumi più grandi di tutto il mondo, dal Mississippi al Rio delle Amazzoni, Faresin si lascia questa disavventura alle spalle e guarda già al futuro pensando a come affronterà la discesa del Noatak nel 2023. Un'avventura che è anche la sua "dodicesima fatica" con 684 chilometri, interamente sopra al circolo polare e all'interno di un'immensa riserva protetta, da percorrere a colpi di pagaia e in solitaria. Meticoloso e dedito alla cura dei dettagli, anche minimi, per affrontare la natura selvaggia e raggiungere in tre settimane la foce del corso d'acqua si era portato con sé 150 chili di materiale, inclusa la canoa.

Un viaggio tanto atteso e organizzato a tre anni di distanza, a causa della pandemia, dai 960 chilometri percorsi nel 2019 sui fiumi Yukon e Teslin nel Canada nord occidentale. Faresin, suo malgrado, ora sta rientrando in Italia. «Cascasse il mondo, riuscirò ad affrontare il Noatak», ha aggiunto con determinazione. «È sicuro che l'anno prossimo tornerò in Alaska perché le promesse vanno mantenute».

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