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IL CASO

«Si avvicinava ai richiami». A Schio cacciatore spara e uccide un gatto

L’uomo, di 82 anni, ha ammesso e ora dovrà difendersi dall’accusa
Un gatto simile a quello ucciso dal cacciatore ARCHIVIO
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Un gatto simile a quello ucciso dal cacciatore ARCHIVIO

Avrebbe sparato ad un gatto, uccidendolo, perché l’animale si era avvicinato alle gabbie da richiamo. La ricostruzione è stata fatta dall’Enpa dopo aver ascoltato il racconto di un cacciatore di 82 anni, di Schio, denunciato dalle guardie zoofile per uccisione di animale. 

I fatti 

L’episodio risale alla metà di ottobre ed è avvenuto nella campagna tra Giavenale e Ca’ Trenta proprio vicino al parco canile di via Fornasa. La segnalazione al nucleo guardie zoofile di Vicenza è arrivata direttamente dalla presidente della sezione Enpa di Thiene/Schio, Federica De Pretto, fra i primi ad arrivare nel luogo indicato. Il gatto, bianco e nero, è stato trovato grazie al fiuto di un cane durante una passeggiata. La bestiola è stata lasciata priva di vita vicino al “casotto”, occultata da un po’ di “frasche” e residui di soia del campo vicino. «Le lastre - spiega l’ispettore di Enpa, Renzo Rizzi - hanno confermato che il gatto era morto a causa di una fucilata sparata da un fucile da caccia, a una distanza probabilmente inferiore ai 15 metri. Questo ha dato altri elementi per le indagini che si sono concentrate sul cacciatore che occupava quel capanno». 

La conferma

Nella mattinata di domenica le guardie zoofile si sono presentate a casa del cacciatore sospettato, per fargli alcune domande. L’uomo ha inizialmente negato, ma poi ha confessato di aver ucciso l’animale, accampando delle attenuanti. 
«Il gatto - continua Rizzi - si era avvicinato alle gabbiette con i richiami, appoggiate quasi a terra. Il micio, con tutta probabilità, si è avvicinato troppo e il cacciatore ha sparato. Entro domani depositeremo in Procura la denuncia. Purtroppo dall’inizio della stagione di caccia sono una dozzina gli animali d’affezione, tra cani e gatti, trovati morti per mano umana. Inoltre i richiami a terra attirano anche animali selvatici, non cacciabili». 

Una strage

Nell’ultimo mese sono stati tre i falchi pellegrini ammazzati nel vicentino. Ma non si contano i casi di animali feriti e impallinati. «Va ricordato che questi cacciatori hanno un’arma in mano e devono essere in grado di gestire le diverse situazioni. Chi fa i controlli dovrebbe essere più ligio perché se non si è perfettamente idonei, la situazione potrebbe diventare pericolosa».

Nelle prossime ore la comunicazione di reato sarà depositata alla Procura e il cacciatore dovrà rispondere del reato di uccisione di animale, punito con l’art. 544 bis del codice penale, che prevede che “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”.

«Si nota purtroppo ancora una volta che questa categoria di persone non cambia, nonostante l’età sembra che la saggezza da loro non venga mai acquisita - conclude Rizzi - come si fa a non avere nessun rispetto delle regole in questo modo, ammazzare degli animali protetti perché potrebbero dare fastidio alla loro attività ludica. Non collegano minimamente che quell’animale appartiene ad una famiglia che spesso ci è affezionata, lo considera un membro di casa a tutti gli effetti e attende tutti i giorni che rientri sano».

 

Rubina Tognazzi

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