<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Dal Mali a Schio

In Italia su un barcone. Lavora e ha una casa: 8 anni per il permesso di soggiorno

La storia di Siaka Sidibe, 30 anni, fuggito perché voleva dare nuove speranze alla famiglia. «Ora sogno di diventare italiano».
Siaka Sidibe ha ottenuto il permesso di soggiorno dopo 8 anni (Foto EDOARDO MARIO FRANCESE)
Siaka Sidibe ha ottenuto il permesso di soggiorno dopo 8 anni (Foto EDOARDO MARIO FRANCESE)
Siaka Sidibe ha ottenuto il permesso di soggiorno dopo 8 anni (Foto EDOARDO MARIO FRANCESE)
Siaka Sidibe ha ottenuto il permesso di soggiorno dopo 8 anni (Foto EDOARDO MARIO FRANCESE)

La fuga da un Paese martoriato dalle violenze, il deserto, il barcone fino a Lampedusa e 8 anni per ricevere un permesso di soggiorno. È la storia di Siaka Sidibe, classe 1993 originario del Mali residente a Schio, che ha affrontato molte avversità per raggiungere l’Italia e ha aspettato a lungo per ricevere il documento che gli permette di stare tranquillo nello Stivale. Una storia di migrazione e integrazione che lo ha tenuto in pugno per anni: oggi però, perfettamente inserito nel contesto italiano e scledense, ha trovato serenità. 

Il viaggio

Originario del villaggio di Doubalacoro, non vicinissimo alla capitale Bamako, si è messo in cammino per sé e i suoi cari. «Sono venuto qui per cercare un futuro migliore e aiutare la mia famiglia». Pare che i suoi avi fossero schiavi, un destino ricorrente nella popolazione del Mali. «Non ce la facevo più. Non avevo un futuro e non potevo aiutare i miei parenti. In famiglia siamo una cinquantina di persone, ho 20 nipoti». Quindi il deserto, metà a piedi e metà in camion, prima del viaggio nel Mediterraneo. «Ho fatto due mesi in Algeria e quasi un mese a Tripoli. Poi ho preso la barca. Siamo arrivati in Sicilia il 31 maggio 2015». Lì è stato affidato al centro Astalli, compagnia che gestisce i migranti. «Non era una nostra scelta: ci mettono in fila, ci dividono e ci spediscono, noi abbiamo beccato Vicenza». Qui è cominciato il processo di integrazione. «A Vicenza all’hotel Adele, eravamo più di 400. Poi, grazie ad un progetto, ne hanno preso cinque del Mali: ci hanno sistemati a Isola Vicentina». Dopo la lotta per la vita, quella contro gli stereotipi. «Prima di entrare in appartamento c’è stata una discussione coi cittadini di Isola che non volevano i migranti, ma hanno capito che bisognava provare; io lavoravo come volontario in casa di riposo, facevo manutenzione». Nel 2017 i problemi: Sidibe voleva diventare più autonomo e ha cercato un mestiere. Così però ha perso la copertura del centro Astalli, lasciando anche l’appartamento. «Mi ha aiutato una famiglia di Schio, che mi ha ospitato e mi ha trovato un lavoro in un panificio a Cornedo, mi accompagnavano di notte. In panetteria lavoravo anche 17 ore al giorno per 800 euro al mese. Poi ho trovato lavoro a Schio, dove vivo da cinque anni». 

In tribunale

Per restare in Italia, Siaka ha fatto domanda come richiedente asilo: ogni anno una nuova richiesta, dimostrando di non poter tornare a casa. I giudici non hanno accolto le sue richieste subito e lui si è trovato ad un passo dal ritorno in Africa. «Non so perché non abbiano creduto alla mia storia». Anche perché nel 2021 una sentenza della Cassazione riconosce ai maliani il diritto alla protezione sussidiaria, visti i conflitti presenti nel Paese. Una sanatoria nel 2020 gli permette di mettersi in regola con il permesso di soggiorno, venendo assunto come colf. Un documento fondamentale, legato al lavoro e al pagamento dei contributi, che potrà rinnovare senza problemi. «Sono felicissimo. Ringrazio tutti gli italiani che mi vogliono bene, non dimenticherò mai quello che hanno fatto per me».

Il lieto fine

Oggi Siaka sta bene: ha una casa in affitto, un lavoro a tempo indeterminato e un permesso di soggiorno valido fino al 2026, senza bisogno di correre per fare nuove richieste. «Ad agosto vado in Mali a sposarmi. I miei genitori vogliono che porti anche la famiglia italiana che mi ha ospitato. Faremo una festa, poi tornerò qui». E guarda avanti. «Voglio diventare italiano»

Edoardo Mario Francese

Suggerimenti