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SCHIO

Fili killer lungo i sentieri: «Prima o poi ci scappa il morto»

Dopo l’ultimo incidente nuovi episodi sui colli Berici, a Isola, Monte di Malo e Cornedo. A rischio anche alcuni centauri che praticano l'enduro
Un ostacolo di tronchi e fili di ferro posizionato lungo un sentiero sui colli sopra Cornedo
Un ostacolo di tronchi e fili di ferro posizionato lungo un sentiero sui colli sopra Cornedo
Un ostacolo di tronchi e fili di ferro posizionato lungo un sentiero sui colli sopra Cornedo
Un ostacolo di tronchi e fili di ferro posizionato lungo un sentiero sui colli sopra Cornedo

Il ciclista del Tretto, che si è trovato un filo teso lungo n sentiero e che ha rischiato di essere decapitato, non è un caso isolato. Anzi. E se segnalazioni analoghe arrivano anche da Cornedo e dai colli Berici, a lanciare l’allarme è Vincenzo Cesarano, presidente del Motoclub polizia di Stato che nel Vicentino annovera 120 iscritti. «Siamo di fronte a comportamenti irresponsabili che continuano a diffondersi. Chi tira dei cavi rischia una denuncia per reati gravissimi. Il timore è che prima o poi possa scapparci il morto».

L’ultimo episodio

Già raccontato dal Giornale, risale alla scorsa settimana. Un ciclista scendendo dal Tretto, sopra Schio, è stato disarcionato dalla sella a causa di un cavo teso fra due piante. Prima era avvenuto sui Berici, nella zona di San Giovanni in Monte, e a Faedo di Monte di Malo. O ancora a Torreselle, sui colli sopra Isola, dove due anni fa lo stesso Cesarano, con la moto da enduro, era stato fatto volare a terra da un cavo. Ora anche sulle colline sopra Cornedo, nei pressi di Monte Nudo. Qui un ciclista, Andrea Z., 50 anni, residente in zona, è caduto dalla sua mountain bike dopo aver trovato un cavo di metallo. «Era teso a 30-40 centimetri e ci ho sbattuto addosso con la ruota anteriore - racconta -. Per fortuna non andavo a velocità sostenuta. Ho subito diverse contusioni, guarirà in una settimana. Ero passato lungo quel sentiero la settimana prima e non c’era niente. Non so chi possa aver fatto una follia del genere».

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Fenomeno sempre più diffuso

«Purtroppo è un fenomeno sempre più diffuso - precisa Cesarano, ex poliziotto della squadra mobile - e sembra che questi malintenzionati si preparino con cura, perché spesso i cavi, o anche i massi, o i tronchi, sono posizionati in punti in cui a causa della luce che penetra fra le fronde in mezzo al bosco non si vedono. Si ha l’impressione di essere stato preso per il collo da un fantasma». Cesarano spiega che l’enduro è uno sport riconosciuto, non un atto vandalico, e che «noi lo pratichiamo con mezzi fuoristrada - dotati di assicurazione, targa, specchietti, luci - nei limiti consentiti dalla legge». Quali sono? «Percorrere sentieri aperti, come quelli sull’Altopiano o carrarecce. Eppure anche lungo questi tratti, oltre ai cavi, troviamo anche tavolette con i chiodi, su cui possono farsi male tutti, non solo gli enduristi, ma anche i ciclisti e chi fa una semplice escursione a piedi».

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Sporte denunce

Per il presidente del Motoclub (che attraverso lo sport svolge attività benefiche, raccogliendo fondi che vanno in solidarietà), è doveroso individuare una soluzione. «Più volte sono state sporte denunce, ma i responsabili di questi comportamenti pericolosi, che meritano una denuncia per tentato omicidio, non sono mai stati individuati nel Vicentino, anche se spesso c’è più di un sospetto di chi possano essere. È evidente che le moto possono dare fastidio, perché causano rumore. Ma le biciclette? Che fastidio danno? Chi tende quei fili non pensa ai danni che può causare?». Per questo Cesarano, con i suoi iscritti, e avvalendosi anche della popolarità del pluricampione mondiale Andrea Verona, vicentino, ha in animo di chiedere aiuto alla Regione affinché vengano studiati dei correttivi.

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Inaccettabile rischiare la vita in questo modo

«È inaccettabile che una persona possa rischiare la vita per atteggiamenti di questo genere mentre pratica uno sport o mentre si fa un giro in bicicletta per i colli. Fra l’altro l’enduro genera anche un indotto non indifferente, molte aziende del settore sono vicentine o venete e con la nostra passione noi provvediamo a mantenere un mercato solido. Però a queste condizioni è meglio lasciare la moto in garage, perché il rischio è eccessivo. Le segnalazioni oramai arrivano da ogni dove, e chi percorre un sentiero in sella ad una due ruote ha paura». 

 

Diego Neri

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