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Il caso

"Candidopoli", elezioni e liste fantasma. Ma niente risarcimento

Lo scandalo che coinvolse mezza Italia era partito nel 2020 da Posina. La Corte dei conti ha stabilito che gli eventuali danni al Comune non sono di sua competenza e serve un’altra causa

Lo scandalo che coinvolse mezza Italia era partito da Posina; ed ora, dopo le prime sentenze penali, arriva una “beffa” dalla Corte dei conti. I giudici erariali non hanno infatti concesso il risarcimento al Comune, che con altre amministrazioni locali era stato vittima della beffa elettorale, ritenendosi non competenti. Le pubbliche amministrazioni dovranno eventualmente rivolgersi al tribunale civile per far valere i propri diritti.

Lista farlocca

Nell’agosto 2020, la lista “L’altra Italia”, composta da foggiani, si candidò alle comunali spiegando di ispirarsi a Giorgio Almirante. Ottenne pochi voti, ma un posto da consigliere, solo che l’eletta si ritirò, e nessuno della sua lista la sostituì. Ne nacque un caso nazionale, grazie anche a “Striscia la notizia”, e da allora “L’altra Italia” si era candidata in tantissimi piccoli Comuni.

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Nel settembre 2021 la guardia di finanza fece scattare le manette con l’operazione Candidopoli: 7 misure cautelari, 15 indagati. In base a quanto ricostruito dalla procura di Rovigo e dalle fiamme gialle di Este, gli accusati presentavano le loro liste nei Comuni con meno di mille abitanti, dove candidarsi richiede una procedura semplificata. Privilegiavano quelli in cui c’era un solo avversario, in modo da garantirsi almeno l’elezione automatica in minoranza. Ma oltre alla furbizia, ecco l’illecito: in lista finivano candidati ignari, compresi ultraottantenni e persone con forti disabilità fisiche, tutti residenti a centinaia se non migliaia di chilometri dal luogo di candidatura. Era questo il meccanismo del gruppo “L’altra Italia”, movimento legato alla destra nazionalista che alle ultime due tornate amministrative aveva presentato un candidato sindaco anche a Barbona e Vighizzolo d’Este, nel Padovano, oltre che a Posina, ma anche in paesi in provincia di Cosenza, Imperia, Potenza, Genova, Campobasso, Asti, Alessandria, Bergamo, Isernia o Belluno.

Processo penale

Davanti al tribunale di Rovigo, il vertice del gruppo di pugliesi, Francesco Foti, 60 anni, vigile urbano residente a Rovigo, ha patteggiato nei mesi scorsi due anni di reclusione (pena sospesa); un anno e tre mesi sempre sospesi per Gianluca Trisiello, 52 anni, di Lecce. Un imputato venne assolto, mentre altri erano stati rinviati a giudizio per difendersi dalle accuse di falso e di violazione della normativa elettorale.

Candidature 

Nelle liste i candidati sono risultati spesso ignari della loro candidatura. Le loro firme erano state falsificate o raccolte con l’inganno. Un esempio? Un cittadino ricorda di aver sì firmato, ma pensava di aver sottoscritto una petizione contro il governo di Roma. E così, con una “rosa” di qualche decina di nomi (quasi tutti residenti tra Foggia e Lecce), i vertici de “L’altra Italia” confezionavano liste da sparpagliare per l’Italia.

La lista fantasma era finita in Parlamento con un’interrogazione del forzista Pierantonio Zanettin; aveva risposto l’allora sottosegretario all’interno Achille Variati. Ma che ci guadagnava la lista? Visibilità e potere. Guadagnare seggi in decine di Comuni in pochi mesi era un biglietto da visita da presentare al mondo politico che conta.

Corte dei conti

La procura contabile, con il pubblico ministero Spagnuolo, aveva chiesto che i vertici del gruppo pagassero i danni ai Comuni; per Posina, 6.400 euro per le elezioni del settembre 2020. In totale, ai convenuti era stato richiesto il versamento di 23 mila euro per il danno patito dalle varie amministrazioni locali coinvolte loro malgrado nella singolarissima vicenda. Ma la Corte presieduta da Tonolo, pur in assenza di difese, ha stabilito che le false liste non sono affare da tribunale erariale: le pretese risarcitorie dei Comuni vanno presentate semmai a Borgo Berga, perché la competenza è del giudice ordinario.

Diego Neri

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