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Anfiteatro, il gestore andrà a processo

L’anfiteatro berico “Porto degli Angeli” di Arcugnano al centro dell’inchiesta della procura
L’anfiteatro berico “Porto degli Angeli” di Arcugnano al centro dell’inchiesta della procura
L’anfiteatro berico “Porto degli Angeli” di Arcugnano al centro dell’inchiesta della procura
L’anfiteatro berico “Porto degli Angeli” di Arcugnano al centro dell’inchiesta della procura

Le prove a carico dell’imputato sarebbero tali e tante che il pubblico ministero, Alessia La Placa, per Franco Malosso “von Rosenfranz” ha disposto il giudizio immediato saltando così l’udienza preliminare. Malosso, curatore dell’“Anfiteatro marittimo berico Porto degli Angeli”, costruito ad Arcugnano, è accusato di abuso edilizio; contraffazione di opere d’arte; nonché di avere eseguito dei manufatti senza alcuna autorizzazione. La prima udienza del processo che vedrà alla sbarra l’imputato, 61 anni, difeso dall’avvocato Matteo De Meo, si terrà il prossimo 10 luglio davanti al giudice Camilla Amedoro.

IL FALSO ANFITEATRO. Secondo la procura l’anfiteatro non è vecchio di secoli, tantomeno di millenni, ma di recente costruzione. Insomma un falso storico, o meglio una patacca. Costruita sbancando, in base alle indagini, mezzo colle, in via Giardini ad Arcugnano. Del resto a certificare il “fake” storico erano stati anche i giudici del Riesame, ai quali Malosso si era rivolto dopo che la procura aveva apposto i sigilli all’opera, spiegando come «L’istruttoria avesse accertato e documentato con immagini di eloquenza inoppugnabile sia l’imponenza dell’opera, arricchita di sculture e di colonne, sia l’assenza di qualsivoglia titolo autorizzativo urbanistico, ambientale e archeologico, come pure la fattura recente dell’opera». Aggiungendo poi che «si tratta di una realizzazione recente e non di preesistenti manufatti aventi valore archeologico».

LE ACCUSE. Franco Malosso, oltre a essere accusato di avere costruito l’anfiteatro formato da gradoni con una base di quasi 30 metri; è anche ritenuto responsabile, in base alle verifiche eseguite dalla procura, di avere realizzato, senza essere in possesso di alcuna autorizzazione, tutta una lunga serie di opere annesse tra le quali un laghetto; un tavolato in legno; una stradina; e altre costruzioni in sassi e pietra. La procura a fine novembre aveva anche disposto il sequestro preventivo, in via d’urgenza, dell’intero complesso che si estende su un’area di circa 5 mila metri quadrati.

IL SEQUESTRO. Ad apporre i sigilli all’area, nel novembre scorso, erano stati i carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, assieme ai colleghi della stazione di Brendola e con la collaborazione della polizia locale e il supporto della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il Veneto occidentale. Che si erano presentati in via Giardini ad Arcugnano nel sito di proprietà della “Lendomar Holdings Investment Ltd”, società che ha sede nelle Isole Vergini (legalmente rappresentata dalla cittadina russa Olga Zaytseva), per dare esecuzione al decreto. Gli inquirenti sospettano che per posizionare i manufatti dell’“anfiteatro” (che sarebbero stati sistemati nel 2006) sia stato sbancato un pezzo di collina, e che siano state chiamate a lavorare delle aziende locali, pagate anche “in nero”, i cui titolari sarebbero stati rassicurati dallo stesso Malosso “von Rosenfranz”. Che ha sempre respinto le contestazioni mosse dalla procura. E adesso la sua tesi dovrà ribadirla in aula nel corso del dibattimento che si aprirà a luglio.

Matteo Bernardini

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