<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Bassano

«In treno 2 bici»
Turisti a terra
Scoppia la protesta

Cicloturisti in stazione in attesa del treno. FOTO CECCON
Cicloturisti in stazione in attesa del treno. FOTO CECCON
Cicloturisti in stazione in attesa del treno. FOTO CECCON
Cicloturisti in stazione in attesa del treno. FOTO CECCON

Decine di ciclisti stranieri lasciati a piedi da Trenitalia, comprensibilmente infuriati per un disservizio che per loro risulta assolutamente incomprensibile.

Il matrimonio turistico tra ferrovie e ciclisti non funziona proprio. Le piste ciclabili del bassanese sono pubblicizzate ovunque con messaggi che sottolineano chiaramente la possibilità di utilizzare il treno per il trasporto delle biciclette. La realtà, però è ben diversa, perché questo servizio funziona molto all’italiana, con regolamenti e limiti assurdi.

Sulla ciclabile della Valbrenta, che collega Cismon a Bassano, passano ogni anno 300 mila cicloturisti ma i treni di andata o ritorno da Trento possono caricare al massimo due bici, tranne nei mesi di luglio e agosto quando ne ospitano 32.

Gli altri restano a terra con i problemi che ne conseguono. Emblematico quanto accaduto nei giorni scorsi a due diverse comitive di turisti, che hanno sperimentato in prima persona i limiti del servizio treno-bici.

«Lo scorso fine settimana sono stata a fare un giro sulla ciclabile del Brenta – racconta Annalisa Zorzi, residente a Moena, che viaggiava assieme a due amici – Eravamo in tre e siamo andati alla stazione di Bassano per ritornare con il treno fino a Levico dove avevamo lasciato l’auto. Sul treno c’erano già due bici per cui non siamo riusciti a salire e con noi sono rimasti a terra anche due ciclisti austriaci. Si parla tanto di cicloturismo e mobilità alternativa ma questa è la situazione: si possono portare più di due biciclette solo dal 1 luglio al 30 agosto, alla faccia del tanto auspicato prolungamento delle stagioni turistiche».

E poi è arrivata la ciliegina sulla torta.

«Insieme agli austriaci e ad altri turisti di Piacenza - prosegue - abbiamo pensato di chiamare un ciclo taxi, dividendo la spesa. Neppure quello, però, è arrivato e il motivo ha dell’incredibile: l’autista aveva smarrito le chiavi del piazzale dove teneva il rimorchio per le bici. A quel punto... ci è scappato un sorriso».

Nella stessa situazione, martedì scorso, una ventina di cicloturisti tedeschi, rimasti bloccati in stazione.

«Attendevano il treno delle 16.15 in arrivo da Trento – racconta Michele Pontarollo, che ha assistito a tutta la scena - All’arrivo del convoglio una buona parte di loro è salita nonostante il divieto del capotreno. I turisti gli hanno mostrato il biglietto regolarmente pagato e hanno preso posto con le bici. Il treno non è partito e dopo un quarto d’ora sono arrivate le forze dell’ordine.. Dopo un po’ di tira e molla, si è deciso di sistemare le biciclette nei portabagagli sopra i posti a sedere e il treno è finalmente ripartito».

«Non sarebbe il caso - chiude - vista la stagione estiva imminente, di fare qualcosa per evitare le solite figure all’italiana? Perché la ferrovia della Valsugana non può diventare come la Malles-Merano, la San Candido- Lienz o come tante altre in Germania?».

Francesca Cavedagna

Suggerimenti