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IL CASO

«La nipote non ha ucciso la zia e merita di tornare in libertà»

L’avvocato Peluso, che difende l’indagata, ha chiesto la revoca dei domiciliari. «Rischia l’ergastolo ma attendiamo il processo fiduciosi»
Paola Pepe e Maria Basso
Paola Pepe e Maria Basso
Paola Pepe e Maria Basso
Paola Pepe e Maria Basso

«Abbiamo chiesto che Paola Pepe torni in libertà e siamo in attesa dell’udienza di riesame. I giudici valuteranno se le misure cautelari applicate alla mia assistita sono giustificate».

La difesa

L'avvocato catanese Carmelo Peluso è il difensore della 58enne Paola Pepe, finita ai domiciliari con il braccialetto elettronico per le accuse di circonvenzione di incapace e omicidio aggravato ai danni della prozia Maria Basso, 80 anni, deceduta nel dicembre del 2022 in Sicilia, già ospite alla casa di riposo Villa Rosa di Asiago e poi portata nel catanese dalla Pepe.

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Nell’ordinanza applicativa della misura cautelare firmato dal gip di Catania, Sebastiano Di Giacomo Barbagallo, le accuse nei confronti dell’indagata sembrano poggiare su basi solide. Non è così invece per il penalista catanese, che evidenzia numerose discrepanze tra le conclusioni medico-legali del consulente della Procura e quanto dichiarato dalla sua assistita e da persone presenti al pranzo “incriminato”, dove Pepe avrebbe dato degli spaghetti alla prozia, affetta da problemi neurodegenerativi che le impedivano di assumere cibi solidi, per poi intascarsi la ricca eredità. Così come ci sarebbero contraddizioni tra quanto sostengono i parenti veneti di Basso e le foto raccolte dalla difesa.

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Le contraddizioni, ora il processo

«La signora Basso considerava mia assistita come una figlia mancata - ribadisce l’avv. Peluso -. Hanno fatto viaggi insieme e hanno sempre mantenuto i contatti, come dimostrato da foto e documenti. Oltre a ciò, le stesse patologie di cui soffriva la signora, che non le permettevano di ingerire cibo solido, confutano la tesi dell’accusa: una persona disfagica non può mangiare degli spaghetti, non li può deglutire. Durante il pranzo incriminato le sono stati dati degli spaghetti fatti a poltiglia, ovvero come la mia assistita ha fatto altre volte. Attendiamo quindi con fiducia il processo, dove porteremo le prove che discolpano Paola Pepe, travolta da un tornado e già data per condannata - conclude l’avvocato Carmelo Peluso -. La mia assistita rischia l’ergastolo ma confido nel buon esito del processo».

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Gerardo Rigoni

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