“Offresi lavoro in ambito ambientale, astenersi fumatori, raffreddati e schizzinosi”. Potrebbe suonare più o meno così l’annuncio di ricerca della squadra di “specialisti degli odori” chiamati a valutare l’aria che tira nei comuni dell’Ovest vicentino. Dei veri e propri annusatori che avranno il compito di schedare eventuali puzze presenti.
Un piano sostenuto da Provincia e progetto Giada, con uno stanziamento di 40 mila euro, e inserito nel monitoraggio dell’impatto che attività produttive di varia natura hanno nel territorio. Il principio della “Odour field inspection” è semplice: sei/otto persone si recheranno in vari punti della valle del Chiampo per annusare l’aria, quantificare l’eventuale puzza e distinguerne l’origine.
Si tratta della seconda fase di un progetto avviato lo scorso anno, quando è stata eseguita una decina di verifiche in diverse attività industriali e produttive comprese tra Trissino e Lonigo, sulla base di esposti dei cittadini o indicazioni dei singoli Comuni. In quel caso però si andava a sondare direttamente la fonte. Stavolta l’iter è invertito: ci si mette nei panni dei residenti e si cerca di capire con quali odori devono convivere, per scoprirne poi la provenienza. I campionamenti avverranno tra ottobre e dicembre, mentre tra gennaio e febbraio saranno elaborati i dati e preparate le mappe con le curve di frequenza per ogni tipologia di odore percepito.
«Il naso delle persone è preferibile agli strumenti perché ha maggiore sensibilità - spiega Andrea Baldisseri del settore tutela e valorizzazione risorse naturali della Provincia -. Non si può prendere però un olfatto né troppo sensibile, né troppo poco, serve un “naso medio”. Vengono esclusi i fumatori, perché hanno una percezione sbilanciata degli odori, e chi soffre di riniti croniche».
Questi studi sono gestiti da società di derivazione universitaria che si occupano sia della selezione, che dell’addestramento degli “annusatori”. Sono due le fasi: si parte con le annusate in laboratorio su campioni d’aria e poi si esce sul campo. In sostanza, in laboratorio si quantifica l’odore con apposite unità di misura, sul posto se ne cerca l’origine. I punti esatti dove avverrà la misurazione sono in definizione, ma presumibilmente saranno concentrati nella fascia tra Chiampo e Montebello, tenendo conto anche dei flussi d’aria. Le puzze di cui si va a caccia possono essere molteplici, legate anche a diverse produzioni industriali e allevamenti.
Una volta raccolti i dati, si interviene, anche se i margini sono limitati. «Il problema, nell’ambito degli odori, è che non abbiamo una normativa che ci dia dei limiti, né a livello nazionale, né europeo - precisa Baldisseri -. Abbiamo delle metodiche per calcolare “una quantità di odore”, ma non c’è riferimento normativo per dire se si sta rispettando o meno la legge». Si può puntare però sugli inconvenienti igienico-sanitari. Il sindaco come massima autorità sanitaria può stabilire che un odore rappresenta un problema sanitario perché provoca disagi e intervenire con un’ordinanza.