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Il ricordo

«Noi alpini della Valchiampo nel buio a recuperare i morti del Vajont»

Le testimonianze dei vicentini 60 anni dopo il disastro costato la vita quasi a duemila persone

Sessant'anni dal disastro del Vajont affidati alla voce dei testimoni: soccorritori di Arzignano, Montorso e della Valchiampo. Alpini allora ventenni nella cui memoria, indelebile, rimane ancora una drammatica emozione vissuta in quella devastante esperienza di solidarietà: «Nel buio a recuperare i morti dal fango». Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963 quando dal monte Toc si staccarono 270 milioni di metri cubi di terra e rocce, precipitati nel lago della diga. L'onda di quasi 200 metri travolse Longarone, assieme ad altri paesi. Ci furono quasi duemila vittime.

Il ricordo e il dolore

Rino Bastianello, di Montorso, si trovava a Belluno nel 7° Alpini. «Eravamo appena rientrati da una manovra notturna sul monte Serva. Messi giù i fucili, ci hanno fatto prendere i badili e siamo ripartiti subito. Siamo scesi a Ponte Nelle Alpi e abbiamo fatto la strada a piedi verso Longarone, arrivando all'alba. Avevamo la diga di fronte, non c'era nulla, il paese era sparito. Ci hanno detto di recuperare i morti dal fango. I primi due morti che abbiamo trovato sono stati marito e moglie, ancora sotto il materasso. Eravamo un po' restii nell'accingerci a recuperare i corpi, fra l'altro molto pesanti per via dell'acqua che li aveva travolti. Ma, dopo giorni, caricavamo ancora corpi sulle spalle».

Feliciano Antoniazzi di Arzignano, salvò la vita con i compagni ad un bimbo di dieci anni, Gino Mazzorana, che ha ritrovato sessant'anni dopo. La sera del 9 ottobre 1963 Gino era a letto con il fratello minore, di tre anni. Venne trovato sotto alle macerie. Aveva perso i genitori, il fratellino ed uno zio. «Facevo servizio militare nel genio pionieri della Cadore, alla caserma Fantuzzi di Belluno - ricorda -. Alle 23 ci hanno dato l'allarme e prima delle 24 eravamo lì, era tutto buio, camminavamo nella melma. Ad un certo punto abbiamo sentito un bambino piangere e lo abbiamo trovato nel fango, bloccato da una trave. Con Gino ci siamo trovati per caso dopo quasi sessant'anni, mentre visitavo il cimitero di Fortogna e il museo».

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Tra i soccorritori c'era anche Giorgio Crestani di Arzignano, anche lui del 7°: «Siamo arrivati con i camion la sera stessa - racconta -. Faceva molto freddo ed era tutto buio. Si vedeva solo un faro in alto, verso Erto. Non sapevamo cosa fosse successo. Poi ci hanno messo a raccogliere morti, a cercare nei posti dove fino a poche ore prima c'era il paese. I cadaveri erano senza vestiti, strappati via dall'aria causata dall'onda. Siamo rimasti lì una ventina di giorni». Crestani ricorda anche un fatto di grande commozione: «Alcuni anni dopo, a Longarone, ho incontrato in un panificio la figlia di una sopravvissuta incinta: «Sono al mondo grazie a voi soccorritori», mi ha detto.

Matteo Pieropan

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