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VILLAGA

In bici nel Sahara a 64 anni. L’ultima “follia” di Francesca Guarato

Dopo essere arrivata fino alla Terra del fuoco Francesca ha percorso in bici 2.500 chilometri da Agadir a Dakar
Francesca Guarato durante il suo ultimo viaggio in solitaria da Agadir a Dakar durato tre settimane M.G.
Francesca Guarato durante il suo ultimo viaggio in solitaria da Agadir a Dakar durato tre settimane M.G.
Francesca Guarato durante il suo ultimo viaggio in solitaria da Agadir a Dakar durato tre settimane M.G.
Francesca Guarato durante il suo ultimo viaggio in solitaria da Agadir a Dakar durato tre settimane M.G.

Francesca Guarato fa il bis. Non le è bastato aver conquistato l’anno scorso le alture della Cordigliera delle Ande attraversando la Patagonia fino a Ushuaia, nella Terra del Fuoco, in Argentina. Con il nuovo giro da Agadir a Dakar, da cui è da poco tornata, l’intrepida ciclista originaria di Pozzolo di Villaga, a 64 anni ha puntato sulle dune, compiendo un viaggio nel Sahara in sella alla sua inseparabile bici da gravel. Oltre 2mila e 500 chilometri suddivisi in 24 tappe, con tre settimane passate in mezzo al deserto e un’altra facendo sosta in villaggi esotici e città dall’intenso fascino, un po’ berbero e un po’ coloniale, tra Marocco, Mauritania e Senegal. 

Il raid nel deserto

«Mi sono avventurata nel deserto perché fin da giovane sono sempre stata attratta dalle carovane con i cammelli, la Marathon de sable, la Parigi-Dakar, ma ho avuto anche una seconda, forte, motivazione: andare a trovare mia figlia Greta che vive a Pikine, alle porte di Dakar, per lavorare a un progetto di cooperazione internazionale - racconta l’audace ciclista berica -. Sapevo che sarebbe stato un viaggio anche ostico e insidioso, ma che una volta arrivata là, l’avrei affrontato e basta. Oggi ci sono molti ciclisti da ogni parte del mondo che corrono sulle strade nel deserto e c’è la possibilità di fare rifornimento alle stazioni di servizio più di un tempo, anche se non c’è nulla di scontato, perché bisogna prima accertarsi che siano funzionanti e non abbandonate, cosa che purtroppo non è stata così infrequente, anche nel giorni in cui ho forato cinque volte».

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Ha superato fatica ed ostacoli

Pedalata dopo pedalata la ciclista dei Berici ha saputo superare fatica e ostacoli, anche di tipo culturale. «La più grande difficoltà sono proprio le lunghe distanze da coprire sotto un caldo torrido e senza alcun punto di appoggio certo, anche per centinaia di chilometri. Per la notte avevo la mia tenda, che ho usato sempre, anche quando dormivo nei poveri alberghi locali. Per essere più sicura la montavo anche in camera. Sono rimasta molto sorpresa di quanto gli abitanti dei villaggi, soprattutto di una certa età, si meravigliassero di vedere una donna che viaggiava da sola, ma si stupivano ancora di più quando arrivavo nei paesi insieme a un altro ciclista, un uomo che non era mio marito ma solo l’occasionale compagno di tappa».

E una tappa l’ha dedicata alla figlia

«Il giorno prima della partenza sono andata in treno da mia figlia che mi ha fatto visitare la casa dell'associazione, dove c’è una scuola d’infanzia con tantissimi bambini festosi che mi hanno un po’ ricordato la scuola dove lavoravo».

In famiglia lo spirito avventuriero di Francesca è assecondato

«Sono partita in bus da Vicenza diretta all’aeroporto, mi ha accompagnato mio marito - racconta ancora Francesca, che si approvvigiona nel negozio di articoli sportivi che il marito Roberto ha a Noventa -. Sono stati in molti, ho saputo, i conoscenti che andavano chiedergli come stava andando il viaggio. Il prossimo – annuncia la ciclista – sarà tra qualche settimana un tour di orienteering in Spagna e ad aprile un giro in Portogallo, sempre in bici».

 

Matteo Guarda

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