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I video a Ponte di Barbarano

Fresco26 replica alle proteste: «Il trap è come il rock&roll, serve a provocare»

Il cantante che ha girato i video a Ponte di Barbarano ora si difende e si racconta
Fresco26, alias Francesco Ferron, 19 anni, di Villaga (Foro E. Garon)
Fresco26, alias Francesco Ferron, 19 anni, di Villaga (Foro E. Garon)
Fresco26, alias Francesco Ferron, 19 anni, di Villaga (Foro E. Garon)
Fresco26, alias Francesco Ferron, 19 anni, di Villaga (Foro E. Garon)

Tra i gruppi trap è conosciuto come Fresco26. Lui è Francesco Ferron, abita a Villaga e ha 19 anni. L’intervista ha per teatro un bar di Sossano e, all’apparenza, è un ragazzo come gli altri: capello corto, sorriso spontaneo, non ha orecchini né piercing. «Tatuaggi sì, qualcuno», si affretta a precisare. Lavora come operaio in una fabbrica di tessuti.

Con la sua compagnia di amici ha messo a soqquadro la tranquillità di Ponte di Barbarano, tanto che un gruppo di residenti ha firmato una petizione e sono intervenute più volte le forze dell’ordine. «Non usate la parola baby-gang, non siamo baby né tanto meno gang. Non abbiamo mai fatto male a nessuno. Io sono semplicemente il riflesso delle persone che vivono in certi contesti nella società di oggi».

Cosa raccontano le sue canzoni?

«Praticamente racconto di me, di esperienze che ho vissuto, di sbagli che ho fatto e che ho pagato e che continuo a pagare. Lo faccio con un gruppo di ragazzi, a modo mio».

A molti quei video e quella musica sembrano esagerati.

(Sorride) «Cinquant’anni fa la gente si scandalizzava per il motto “sesso, droga e rock & roll”. La mia musica è come il rock di 50 anni fa: rap e hip hop hanno più o meno gli stessi argomenti del rock, solamente sono figli di un’altra cultura».

Però sembra che nei video inneggiate alle armi, alla droga, alla violenza.

«No, è un errore. Se si ascoltano bene le canzoni, se si leggono con attenzione i testi, si capisce che non inneggiamo alla droga, e non esaltiamo la violenza, tanto meno sulle donne. È solo musica fatta con metodi moderni, diciamo all’avanguardia. Ripeto, io parlo negativamente delle esperienze che ho vissuto, ho fatto due anni di comunità da minorenne, ho pagato gli errori che ho commesso e ora lo voglio dimostrare. A modo mio».

La gente di Ponte di Barbarano ha paura, si sente minacciata da alcuni comportamenti aggressivi.

«È un pericolo inesistente. Non abbiamo mai minacciato nessuno, non abbiamo provocato, non abbiamo commesso reati di nessun genere ritrovandoci a cantare. La paura della gente consiste nel vedere con noi diversi ragazzi di colore (Fresco26 aveva usato un’espressione più gergale, ndr). Dove ci sono persone di colore, per la gente di paese, c’è delinquenza, perché hanno paura del diverso. La cosa bella di Barbarano è che è una sorta di un centro di accoglienza per extracomunitari; fra i miei coetanei, noi bianchi siamo in minoranza rispetto agli africani. Dobbiamo emarginarli?».

Diciamo che la gente si sente provocata.

«Anche questo è sbagliato, il problema è stato ingigantito. Tra di noi non girano droghe, non spacciamo, non predichiamo violenza, siamo ragazzi puliti ma esuberanti. A me dispiace che ci sia questo astio, mi piacerebbe un confronto con la gente, dimostrare che non siamo un pericolo».

Ma neppure una risorsa, lamentano i residenti.

«Anche questo non è esatto. Io ho raccolto un gruppo di ragazzi, siamo una comunità, facciamo tutto alla luce del sole, ci esibiamo. L’alternativa sarebbe stare in casa o al bar. Sapete quale è il mio sogno?».

Quale?

«Aprire una palestra per i ragazzi e uno studio di registrazione. Dopo la comunità ho riscoperto la voglia di fare, col doppio delle forze che avevo prima. Voglio fare qualcosa per i ragazzi, qualcosa che la comunità non fa».

Sono questi i metodi giusti per coinvolgere i ragazzi?

«Facciamo cose che la gente non capisce. Ci guardino con occhi più benevoli, vengano a parlarci. Scopriranno dei ragazzi normali, che studiano o lavorano, che cercano di stare insieme».

 

Emilio Garon

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