<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Vicenza

Nozze a 16 anni
Lei si ribella
il padre la picchia

Una scena del film “La sposa bambina” di Khadija al-Salami. ARCHIVIO
Una scena del film “La sposa bambina” di Khadija al-Salami. ARCHIVIO
Una scena del film “La sposa bambina” di Khadija al-Salami. ARCHIVIO
Una scena del film “La sposa bambina” di Khadija al-Salami. ARCHIVIO

Per almeno un paio d’anni il papà avrebbe alzato la voce e le mani sulla figlia, costringendola ad uscire di casa il meno possibile, a rinunciare al cellulare e al computer collegato ad internet, a stringere amicizie. La ragione? Lei si rifiutava con ostinazione ad accettare quel patto fra famiglie che era stato stipulato con una stretta di mano in Pakistan, e che prevedeva che lei, una volta finita la scuola, a 19 anni, tornasse in patria e si sposasse con un ragazzo di qualche anno più grande, figlio di ricchi amici dei suoi genitori.

L’INDAGINE. La procura ha di fatto chiuso le indagini a carico di J. A., 41 anni, operaio di origini pakistane residente nell’hinterland della città (le iniziali sono a tutela della figlia, altrimenti riconoscibile): l’ipotesi a suo carico formulata dagli uffici investigativi diretti dal procuratore Antonino Cappelleri è di maltrattamenti in famiglia. L’indagato avrà modo di farsi interrogare, e di difendersi dalle accuse per evitare di finire a processo.

L’INDAGINE. L’inchiesta della polizia era scattata un paio d’anni fa. In questura era giunta la segnalazione da parte dei servizi sociali, che a loro volta erano stati informati da un’insegnante: secondo quanto sostenuto c’era una studentessa minorenne di un istituto superiore della città che veniva picchiata dal padre. Erano iniziate le verifiche e la ragazza era stata a lungo ascoltata. La giovane aveva raccontato che sì, il padre alzava le mani. Ma non solo: era solito apostrofarla con parole pesanti, la minacciava, non voleva saperne di aderire a nessuna delle sue richieste. In casa era di fatto tenuta in un angolo da tutti, perché l’autorità del padre, l’unico che lavorava, pesava sul comportamento anche di sua mamma e di suo fratello. «Nessuno mi vuole bene, e quando mi lamento mio padre mi picchia, con le mani o con un bastone».

IL MATRIMONIO. Nel corso di un successivo incidente probatorio - la giovane è sempre rimasta in famiglia, anche se di fatto vive nell’appartamento di una parente, a fianco di quello dei genitori - la ragazza aveva chiarito meglio le ragioni dei maltrattamenti. «Tutto è iniziato quando mio padre, di ritorno da un viaggio in Pakistan, mi aveva annunciato importanti novità per il mio futuro. Avevo 15 anni e avevo capito che stava organizzando il mio matrimonio, nella nostra comunità è pratica diffusa. Ma quando, a 16 anni, ho scoperto con chi ho detto subito di no e sono state botte».

LA RIBELLIONE. La studentessa ha vissuto in Pakistan fino a 10 anni di età. Da bambina, aveva conosciuto la famiglia di amici e il loro figlio, che ha 4 ani più di lei. «Papà, quel ragazzo non mi piace», ha sempre ripetuto al genitore, che non ha mai voluto sentire ragioni, anche perché il giovane, che vanta possedimenti ed entrate cospicue, è un partito a cui sarebbe difficile rinunciare. Ma, a parte l’aspetto economico, l’indagato non avrebbe sopportato la ribellione della figlia: dal suo punto di vista, lei doveva obbedire. Anche perché il ragazzo che le proponeva era bello, sano, ricco. E poi l’accordo era stato di fatto già sancito. Mancava il placet dei futuri sposi, ma quello di sua figlia tardava ad arrivare. Per questo in casa volavano le sberle.

DUE ANNI. I maltrattamenti sarebbero durati due anni. Poi, complice il fatto che la ragazza si è trasferita dai parenti, e che ormai il promesso sposo si era stancato di aspettare il “sì” della sua bella, l’operaio si sarebbe dato una calmata. Ora avrà la possibilità di chiarire la sua posizione con il magistrato.

Diego Neri

Suggerimenti