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Vicenza

Nessun aiuto al figlio disabile, il padre deve pagare 188 mila euro

Fin da quand'era un ragazzino, aveva trovato un accordo con lui per versargli un assegno mensile. Poi, per diverse vicissitudini, non lo aveva più corrisposto, almeno integralmente. Lo dovrà fare ora: il giudice Cuzzi ha infatti condannato a 6 mesi di reclusione e 300 euro di multa il vicentino F. P., 77 anni (di cui pubblichiamo le iniziali per non rendere riconoscibile il figlio, affetto da una grave malattia). L'imputato dovrà anche risarcire il giovane con 188 mila euro, oltre agli interessi, e 3 mila euro di spese legali. Si è chiusa così, in primo grado, la dolorosa vicenda giudiziaria che vedeva contrapposti i due congiunti, ma non è escluso che il pensionato, tutelato dall'avv. Francesco Barilà, possa promuovere ricorso in Appello.

Il genitore è stato ritenuto responsabile dell'omesso pagamento dell'assegno e quindi di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio A. P., 26 anni, che era assistito dall'avv. Daniele Fantini. Il ragazzo da molti anni è affetto da una grave patologia, che è peggiorata con il tempo. Per questo è stato dichiarato, dalla commissione sanitaria, totalmente inabile al lavoro. Questa situazione, dopo la separazione fra i genitori, ha fatto sì che il pensionato sottoscrivesse un impegno privato che prevedeva, a partire ancora dal 2010, il versamento di una somma mensile di mille euro a favore del figlio, pari quindi a 12 mila euro annui. Oltre alla metà delle spese straordinarie, che per la malattia da cui è stato colpito sono particolarmente elevate. Nonostante questo accordo, contestava il pubblico ministero in udienza, il padre aveva versato solo in parte quanto aveva promesso. In particolare, nel 2010 avrebbe dato al ragazzo 6 mila euro (la metà di quanto stabilito, e pochi euro di spese); poco più di 3 mila euro l'anno successivo, e 3 mila nel 2012; nel 2013, invece, aveva contribuito in maniera sensibile, anche per via delle spese straordinarie, pagando oltre 24.700 euro, somma scesa a 6 mila l'anno dopo. Nel 2015 papà aveva versato 8 mila euro, scesi a 5 mila nel 2016. Nel 2017, il pensionato non aveva contribuito con un solo euro. Complessivamente, in 8 anni, 56 mila euro a fronte di un contributo previsto di 84 mila oltre alle spese. «Mio padre è inadempiente», sostenne il giovane.

«Io voglio un bene dell'anima a mio figlio, purtroppo la malattia da cui è affetto non gli consente di lavorare - era la versione del padre -. Ma non è vero che non gli pago gli alimenti: sono stato per molti anni munifico nei suoi confronti, e solamente da quando la madre ha avanzato pretese esagerate, e io non le ho accettate, si è messa di traverso e ha impedito che ci incontriamo». Il pensionato ha sempre respinto le accuse, ricordando che, dopo la scoperta della malattia del figlio, ha contribuito ristrutturando la casa per adeguarla alle difficoltà di movimento del figlio, dotandola anche di un ascensore e di un letto specializzato. E poi ha pagato un infermiere, una persona di fiducia che lo segue in casa, la somministrazione di cure, anche sperimentali, in una clinica milanese; e poi le vacanze al mare con gli amici, il cinema, l'auto con la sponda idraulica per disabili; e poi ha contribuito al suo conto corrente. Il giudice è stato di diverso avviso.

Diego Neri

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