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«Il sogno di Alte è morto con Pietro Ceccato»

La facciata dell’ex stabilimento Ceccato nel    centro della  frazione di cui non si conosce il futuro. FOTO A.MAS
La facciata dell’ex stabilimento Ceccato nel centro della frazione di cui non si conosce il futuro. FOTO A.MAS
La facciata dell’ex stabilimento Ceccato nel    centro della  frazione di cui non si conosce il futuro. FOTO A.MAS
La facciata dell’ex stabilimento Ceccato nel centro della frazione di cui non si conosce il futuro. FOTO A.MAS

Rimpianto. Di quello che sarebbe potuto essere e non è stato. È questo il sentimento che si respira tra le botteghe storiche di Alte nel sessantesimo anniversario della scomparsa di Pietro Ceccato, deceduto non ancora 51enne il 6 gennaio del 1956 in seguito ad malattia. Una morte prematura che non ha permesso all’imprenditore, dopo averlo avviato, di portare a compimento il suo progetto di cittadella dove dovevano trovare posto opere anche di interesse pubblico e sociale.

Le idee al vulcanico industriale, non mancavano, come del resto testimoniano le molteplici produzioni industriali avviate. «Montecchio avrà la sua stazione con la Tav ma Pietro Ceccato - raccontano i titolari della gastronomia Danese, Antonio ed Edoardo - l’aveva già progettata al termine di questa via che non a caso si chiama viale Stazione. Qui ad Alte era stato ospite anche il ministro Corbellini, giunto da Roma: l’accordo era già stato trovato. Poi si ammalò e non se n’è fatto più niente. Sempre con Ceccato, Alte avrebbe potuto essere sede di una sede della statunitense Bell e costruire elicotteri, ma la malattia lo indusse a rinunciare e così l’affare fu concluso dall’Augusta. Anche riguardo l’ospedale unico aveva anticipato i tempi, ipotizzando di costruire il nosocomio nelle adiacenze dei campi della Gualda, lungo la regionale 11. Aveva pensato anche ad un nuovo stadio per il calcio per unificare Vicenza e Valdagno, e a due grandi alberghi dove ora sorge il campo da golf. Era un decisionista, voleva fare di Alte un comune. Se la salute lo avesse assistito con tutta probabilità Alte ora avrebbe un volto diverso». «Merito suo - continuano se la frazione è sorta e si è sviluppata, attirando negozianti anche da fuori. E molti suoi dipendenti, con il suo aiuto, si sono costruiti la casa. Alte è stata anche residenza per tanti americani della base di Vicenza: i genitori raccontano che spesso il ricavato della giornata era fatto più di dollari che di lire».

Tra le prime attività commerciali di Alte anche quella di Gino Todesco, conosciuto come Potente. Oggi la pelletteria è condotta dalla moglie Luigia Campagnaro e dai figli Paolo e Antonella. «Cosa è rimasto della sua idea di Alte? Ormai - dice Paolo - poco o niente, con lui credo sia morto anche il suo sogno di città. Ha dato una grossa spinta ma poi non ha trovato chi continuasse il suo lavoro. E era un farmacista ma s’è dimostrato imprenditore di successo nella meccanica». «Aveva la capacità - gli fa eco la sorella Antonella - di leggere il futuro. Papà ci raccontava di quando, assieme allo zio Giuseppe, con l’aratro tracciavano nei campi con Ceccato le future vie, la dislocazione delle abitazioni per i dipendenti».

Accanto c’è anche il negozio di profumeria di Tiziana Scarato, figlia di Leonzio che aveva uno stretto rapporto con Ceccato. E lei, su Facebook, non ha mancato di ricordare il sessantesimo della sua scomparsa. «Ho ricevuto parecchie condivisioni, è stata una cosa apprezzata. La sua idea di installare Alte nel crocevia delle statali è stata strategica. Vedere il vecchio stabilimento demolito ancora in attesa di una sua destinazione fa tristezza. Nell’ultimo ventennio la frazione ha subito un cambiamento demografico ed ha perso un po’ la sua identità. Qui un po’ tutti devono ringraziare Ceccato. Quando ha capito che ormai la sua fine era vicina espresse il desiderio ci fosse un ricordo a sua testimonianza: credo che i cittadini di Alte glielo devano. Una iniziativa da portare avanti».

Gli ultimi giorni di Pietro Ceccato sono legati al mondo dei motori: le moto erano una sua grande passione tanto che crerò una squadra corse. I primi telai, prima di costruirli, gli furono forniti dalla Officina Fratelli Peripoli, azienda insediatasi ad Alte subito dopo la Ceccatto. Il gioiellino creato da Pietro era la Ceccato 75 cc. Sport guidata da Orlando Ghiro. «Era fine dicembre del ’55 ed eravamo sul circuito di Castelfusano - racconta il pilota - per tentare di battere una serie di record di velocità. Le prove erano andate benissimo, ma il commendatore si sentì male e fu costretto a farsi ricoverare a Padova. Infransi sei record. Al rientro andai a trovarlo: lui mi disse che dovevo vincere il Motogiro d’Italia, titolo che mancava alla scuderia. Gli promisi che mi sarei impegnato al massimo. Morì pochi giorni dopo. La stagione continuò è vinsi il Motogiro. Ricordo che guardai verso il cielo e dissi: commendatore, spero abbia potuto vedermi. Era una persona intelligentissima, oserei dire che aveva quattro cervelli».

Giorgio Zordan

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