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La buona pagella di S&P mette in sicurezza i Btp

Ora i titoli di stato restano esposti alle possibili variazioni di tasso di interesse al vaglio della Bce per tenere a bada l'inflazione
La presidente della Bce, Lagarde, il direttore del Mes, Gramegna e il commissario all'Economia, Gentiloni
La presidente della Bce, Lagarde, il direttore del Mes, Gramegna e il commissario all'Economia, Gentiloni
La presidente della Bce, Lagarde, il direttore del Mes, Gramegna e il commissario all'Economia, Gentiloni
La presidente della Bce, Lagarde, il direttore del Mes, Gramegna e il commissario all'Economia, Gentiloni

Ci sono tre variabili che possono influire sulle quotazioni dei titoli di stato italiani: il tipo di politica monetaria adottata dalla Bce, la percezione dei mercati sull'efficacia o meno della politica di bilancio adottata dal governo e la pagella periodica sul debito pubblico stilata dalle varie agenzie di rating.

Standard&Poor's

Partiamo proprio dall'ultima pagella, molto attesa, con cui l'agenzia di rating Standard&Poor's ha di fatto tranquillizzato i mercati. Sì, perché con il debito schizzato pericolosamente vicino a quota tremila miliardi di euro, si temeva che arrivasse un declassamento o, comunque, una variazione in negativo della valutazione in prospettiva. Non è successo nulla di tutto questo perché S&P ha confermato il rating BBB, che colloca il debito italiano ancora nella categoria investment grade (un gradino sotto c'è lo speculative grade, volgarmente definito junk, cioè spazzatura). Quanto al cosiddetto outlook, quello che potremmo definire valore presumibile in prospettiva, è stato confermato stabile. Questo non cancella le difficoltà congiunturali e nemmeno i pericoli insiti nella tragica situazione geopolitica internazionale, ma lascia intendere che per i mercati il rischio-Italia non è mutato di un'oncia.

Tassi d'interesse

Nonostante lo spread continui a navigare attorno a quota 200, possiamo dire che in tutti questi mesi il rialzo dei rendimenti dei Btp, e quindi il ribasso del loro valore, è in gran parte dovuto alla politica monetaria restrittiva adottata da tempo dalle banche centrali. Ci sono stati quattordici rialzi consecutivi che hanno posto fine al periodo dei tassi negativi e riportato il Btp decennale a un rendimento attorno al 5 per cento. Ciò che ha indotto Fed prima e Bce poi a innalzare i tassi è stato l'incendio dei prezzi: per spegnere il rogo dell'inflazione che stava scappando di mano è stato necessario azionare senza risparmio l'estintore. Ora, come è stato ricordato anche nell'assemblea di Confindustria Vicenza di venerdì scorso, siamo arrivati sull'orlo della recessione e la presidente della Bce, Christine Lagarde, potrebbe iniziare ad allentare la pressione. Il commissario all'economia in Europa, Paolo Gentiloni, ha detto di attendersi un rallentamento piuttosto che una recessione vera e propria, per quanto i venti di guerra potrebbero spingere ancora più in alto il prezzo di petrolio e gas, con conseguenze difficilmente immaginabili.

Manovra

In tutto questo poteva giocare un ruolo, in un senso o nell'altro, anche le decisioni di politica economica del governo. Il parto del Mef è, stato, come dire, particolarmente prudente, col ministro Giancarlo Giorgetti che sembra riuscito a resistere all'assalto dei colleghi questuanti, dando una risposta gradita ai mercati ancorché non particolarmente generosa sul fronte della crescita. Morale della favola, ora i Btp sono sempre di più nelle mani degli italiani che, come dimostra il grande successo dell'ultima asta dei Btp Valore con scadenza ottobre 2028, sono tornati a considerare i titoli del debito pubblico il sistema più economico, in termini di commissioni richieste, e più redditizio, in termini di tassi d'interesse, per cercare di conservare il valore dei propri capitali dalla minaccia dell'inflazione. Resta da capire se la corsa dei tassi sia finita o se sono in arrivo altre perturbazioni.

Marino Smiderle

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