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L’AUTORE. Sara Storti, segnalazione delle biblioteca di Valdagno

Vacanza in baita

Sara Storti

 

Quando ero piccola, d’estate, tutta la famiglia se ne andava per qualche giorno alla baita. Eravamo io, mia sorella, mia mamma, mio papà e i nonni paterni; dormivamo tutti assieme in una stanza dal soffitto e il pavimento di legno collocata al secondo piano della casa. Mi ricordo ancora come mi sembrassero strette e ripide le scale a pioli che dalla cucina portavano alla camera. “Mi raccomando” mi ripeteva spesso mio papà. “Scendi piano le scale e fai attenzione a non cascare”. A me in realtà quelle scale strettissime piacevano, mi sembravano qualcosa di diverso e mi ricordavano le scale di una nave pirata. Ciò che mi piaceva un po’ meno forse era il gallo cedrone imbalsamato appeso alla parete che, dal fondo delle scale, guardava verso la camera con fare impettito e iracondo. Sicuramente quel gallo cedrone era il pezzo di arredamento della baita che apprezzavo di meno. Il resto invece mi piaceva tantissimo. Eravamo a Recoaro mille, sotto la malga “Morando”, a pochi passi dal sentiero delle Montagnole basse. Attorno a noi c’erano prati verdi, montagne, mucche e boschetti, ma in quella piccola casa, con la mia famiglia, mi sentivo come un ghiro all’interno di una tana sicura. Di giorno io, mia sorella e i bambini del vicinato, correvamo e giocavamo; di sera, dall’uscio della baita con la sola luce della lampada a gas (la luce elettrica nella baita non c’era) e il buio tutto attorno, ci sentivamo tranquilli e protetti. La maggior parte delle cose che ci facevano emozionare erano piuttosto semplici. Io ricordo ancora oggi, a distanza di anni, quanto ero felice di mangiarmi la mia brioche della colazione seduta su di un tronco che mi ero personalmente scelta come sedia. Mi sentivo contenta e soddisfatta come una principessa seduta sul suo trono. In realtà durante la vacanza in baita c’erano anche alcune cose fastidiose, ma anch’esse facevano parte dell’esperienza e venivano accettate come una parte integrante dell’esperienza. La cosa che sicuramente detestavo di più erano gli insetti che inevitabilmente si trovano in montagna. Una notte non volli nemmeno sdraiarmi tra le lenzuola dove avevo visto dei strani moscerini. Solo grazie all’intervento di mia nonna riuscii poi a dormire serena; lei scacciò tutti gli insetti dalle lenzuola, diventò la mia eroina e, dopo avermi rassicurata, riuscì a farmi addormentare. Oltre agli insetti però c’erano anche altri animali che erano presenti in abbondanza: le mucche. Ogni sera bisognava chiudere bene il cancello per evitare che entrassero nel cortile. Io ogni tanto mi creavo delle strane fantasie post-apocalittiche in cui, a causa di un cancello rimasto aperto, le mucche invadevano il cortile, la baita e persino le camere, fino ad arrivare ad alitarci in faccia. Per fortuna ciò non avvenne mai e le fantasie rimasero tali. Oltre alla mia famiglia in ogni caso ce n’erano anche altre nelle vicinanze e c’era sempre qualcuno che si ricordasse di chiudere bene il cancello. In queste famiglie c’erano altri bambini della mia età e c’erano sempre compagni di giochi disponibili. Uno dei nostri giochi era fingere che il boschetto sopra la baita fosse una casa. La roccia vicino al pino poteva essere la cucina, gli alberi attorno al cespuglio la camera da letto. C’era persino il bagno e se volevamo aggiungere una stanza bastava aguzzare l’ingegno e trovare qualche albero adatto allo scopo. Avevo anche un albero preferito. Si trattava di un ciliegio storto e anche per un bambino era facile arrampicarvisi. Io e uno dei miei vicini vi salivamo e raccoglievamo le ciliegie. Erano frutti striminziti e acerbi ma io li riportavo a valle con un orgoglio da agricoltore consumato. Nessuno le apprezzava particolarmente ma io ne ero soddisfattissima. Quelle ciliegie acerbe sono anch’esse parte del sapore della mia estate in baita. Si mescolano al sapore dolce della brioche che mangiavo sul tronco, a quello della pasta con il tonno che mia mamma cuoceva per tutta la famiglia e del panino con il formaggio a merenda. È il sapore agrodolce di quel posto in quel momento della mia vita, un retrogusto di nostalgia. Quando penso a quelle estati ancora ritorna, anche se ormai il ciliegio storto è stato abbattuto e tantissime cose sono cambiate da quando d’estate tutta la famiglia andava in baita. (da biblioteca Valdagno)

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