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L’AUTORE. Flavio Dall’Amico, segnalazione della biblioteca di Marano

Una nuvola tempestosa
E il suo nome fu Esther

Flavio Dall’Amico


“La nuvola tempestosa dell’estate/…fare come non ci fossi tu/e gettare qualche amore via,/fare finta di fregarmene./
Come se/questa estate con te…”.
Quella notte era nata una figlia. Concepita, non nata, ma cosa cambia, il germe era partito per una fioritura inarrestabile! Tre giorni prima, l’incontro. Nel campeggio la tenda vicina sembrava, tra il tramonto e mezzanotte, un tempio d’oriente. Luci rosse che trasparivano dal tessuto, fumo di un sapore indefinito appena sopra il tetto a pagoda e bisbiglio percettibile a malapena di donne giovani e longilinee, autoincoronatesi divinità pagane di quel villaggio, all’origine pensato come distrazione per i figli del miracolo economico.
«Da dove venite mie belle marinarette?»
«Veniamo dall’Olanda, gentili ragazzi d’Italia.»
«Olanda? Oh sì, olandesi navigatori senza paura, e anche lavoratori instancabili, dighe enormi e così mare di là e tanti fiori di qua. Sopra la terra, sotto il mare la vita, piena di fiori, è bel-lis-si-ma!»
«Tu piace tulipani?»
«Stupendi! Petali ricurvi e dentro ognuno ha segreto. Tu regali tulipano a donna bella come te, lei guarda dentro petali e scopre segreto. Lei solo ha occhi per vedere questo.»
«Tu, italiano, fai ridere. E ringrazio te, io tanto bisogno di ridere.»
Si era giovani e quando si è giovani c’è tempo per rimediare a tutto: costruire, distruggere, ricostruire…c’è tempo! «Per questo volevo vederti, desideravo l’emozione e la tua bellezza è emozione. Sei indispensabile, in questo momento, per aizzare l’emozione. La vita è solo emozione, tutto il resto è niente, ti rendi conto. Lo diceva anche D’Annunzio, lui era estraneo alla consuetudine.»
Questa notte non tornerà più, i dettagli di questa notte, le combinazioni, la magia. Come passasse una carrozza trainata da scultorei cavalli bianchi che arretra il moto e apre lentamente la porta. Non si sa dove va, ma che fai? Non ci sali? Non ripasserà più di lì e così il futuro ti lascerà i rimpianti che sono peggio dei rimorsi perché qualcosa puoi fare per attenuare un rimorso, ma il rimpianto non è reversibile: ti uccide dentro. E poi era stato gioco. Non puoi non giocare a vent’anni: sfida, temerarietà e brivido dell’imprevisto. Avevate mitizzato l’estate, quasi fosse un trasbordo su di un pianeta d’utopia, un viaggio che sarebbe terminato il venti di settembre. Mi avevate corrotto voi, maestri della tendenza corrente, con il picchiettare continuo su questo tasto fino a farlo attraversare la corteccia cerebrale, per poi cospargere le molli meningi di mito, di passione, di tramonti, di mirabolanti avventure amorose. Non è stato lasciato scampo a questo turbinio che porta dritto al gorgo che scende, scende, fino a…svegliarsi nudo sulla spiaggia solo. Rientrai nella tenda, qualche minuto dopo le quattro di notte. Denis e Alfredo scattarono in piedi come avessero il corpo compresso da una molla.
«Sei riuscito nell’impresa? Se sì, allora sei un grande!»
«Non dite una parola, vi prego, devo addormentarmi nel ricordo, è l’emozione più bella!»
Capirono. Indiscutibilmente erano buoni amici.
La telefonata arrivò in un giorno d’inverno, qualche anno dopo. La ragazza di Amsterdam disse che io non ero niente, se non una nuvola tempestosa di qualche estate fa. Alla bambina era stato dato il nome di Esther e il corredo cromosomico di una vita libera. Alla gabbia del pregiudizio, della tradizione, dell’abitudine era stata lasciata la porta aperta. Entrare e uscire a piacimento. Esther era comunque un nome comune e l’avrebbe legata alle persone comuni.
Trent’anni sono volati. La terrazza a mare presenta le stimmate di un design tramontato. Al posto dell’adorabile Fred - starà sicuramente svernando da qualche altra parte - tiene ora la scena un ragazzo con presumibili origini in luoghi dove si scorrazza tutto il giorno all’aria aperta. La stagione passata, come tutte le cose passate, si è coperta di un manto di nostalgia malinconica che la rende, all’anima, magnetica e struggente. Oramai calcolo, raziocinio e consuetudine sono binari vincolanti della vita borghese. Meglio per tutti. Ogni cosa al suo posto, a ogni azione la giusta reazione, ogni percorso ha il suo traguardo. La giovinezza è uno sbiadito ricordo di libertà: tanto istinto e briciole di ragione. Solo un brandello di me conserva la profondità di un pensiero trasparente che vaga giocondo da qualche parte ignota. Forse su di una bici, lungo una strada di campagna, profilata da argini di tulipani.

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