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Un vecchio vagone merci da Cavazzale
E c’era lei, che poi spariva nella calca

di Dino De Guio

Dino De Guio

Correva l’anno 1947, quando io, tutte le mattine, alla stazione di Cavazzale, prendevo il treno, o meglio, un vecchio vagone merci, per recarmi a Vicenza, presso l’Istituto Tecnico Alessandro Rossi, che da un paio di anni frequentavo per ottenere il diploma di perito industriale.

Durante le pause pomeridiane, ogni tanto, mi prendevo il tempo di andare ad ascoltare, nelle vicinanze della stazione di Vicenza, un personaggio, il quale, per vendere, soprattutto alle ragazze, i testi integrali delle nuove canzoni in voga nel dopo Guerra, si era inventato una strano motivo che, dal di dietro di un suo vecchio banchetto, cantava a tutto fiato: “Oh, Taiadela, la tua voce sempre allegri ci fa stare, e noi, con te, dobbiamo ridere e cantare, pur avendo una cambiale da pagar! Ridono tutti, donne, uomini, fanciulli, belli e brutti, e perfino i sordi e muti! Saluti! Saluti!”

Durante quella pausa, però, preferivo, soprattutto, recarmi ai Giardini Salvi, per vedere una bellissima aquila rinchiusa dentro una gabbia, posta, bene in vista, al centro di una grande aiuola. Ma se, all’ inizio, vi andavo per ammirarla, con il trascorrere dei giorni, mi veniva spesso di chiedermi, con infinita tristezza, perché tenere quel maestoso uccello così strettamente imprigionato, quando, per la sua stessa natura, il luogo dove vivere erano gli alti spazi liberi delle nostre montagne?

Ma ecco che un giorno in cui, per l’ennesima volta, ero ritornato per ammirarla, al di là della gabbia, mi capitò di vedere, intenta a guardare l’aquila, una avvenente ragazza, che subito riconobbi essere la stessa che, da circa una settimana, tutte le mattine, alla stazione di Cavazzale, vedevo salire sul mio stesso vagone merci, e, subito dopo sparire tra la calca dei viaggiatori. Pertanto, rivederla, ora, in quel luogo, in tutta la sua bellezza, fu per me quanto di più emozionante potessi provare, soprattutto dopo che mi era sembrato che prima di avviarsi verso l’uscita del Parco, mi avesse accennato un breve saluto.

Non potendo, però, seguirla, essendo, ormai, giunta, per me, l’ora di ritornare in classe, pensai che, comunque, non avrei avuto nessuna difficoltà di rivederla, la mattina seguente, salire sul mio stesso vagone merci, ed, in quella occasione, avvicinarla per fare la sua conoscenza.

Purtroppo, quella mattina, non solo non la vidi arrivare alla stazione di Cavazzale, ma neppure le mattine successive, così da farmi pensare che avesse cambiato itinerario, o residenza. Per rintracciarla, e mettermi il cuore in pace, pensai, perfino, di giocarmi la carta del “Taiadela”, ritenendo che, anche lei, si prendesse, ogni tanto, un po’ di tempo di avvicinarlo per sentirlo cantare la sua canzone ma, purtroppo, dopo appena quattro giorni, quell’ uomo non era più al suo posto, per avere deciso di cambiare città.

Ma non fu solo la scomparsa di quella ragazza, a guastare le mie successive pause pomeridiane, perché, un pomeriggio di un paio di giorni più tardi, ritornando ai Giardini Salvi, alla mia sorpresa, anche l’aquila non era più nella sua gabbia. Ne rimasi così scombussolato, da chiedermi, con preoccupazione, se questo nuovo evento manifestato nei miei confronti, era dovuto ad una semplice coincidenza, o se anche la sparizione dell’aquila faceva parte del lato negativo del mio curriculum scolastico.

Fu perciò, con quel sospetto addosso, che, da subito, ne volli sapere di più di quelle improvvise scomparse, se non altro, per meglio capire quali ne furono le cause, innanzitutto, per sapere se l’aquila era morta di malattia, oppure, come da molto tempo mi auguravo, i responsabili del Parco, l’avevano, infine, riportata, nel suo “habitat” naturale della montagna dove godersi, nella libertà, gli ultimi anni della sua vita. Ma, con mio sconcerto, nessuno dei miei interlocutori era in grado di dare una risposta adeguata alla mia domanda. Ammesso, però, che l’ aquila, avesse ottenuto, come da diritto, il giusto trattamento che si meritava, a quel punto, ovviamente, era la scomparsa della ragazza che a me, soprattutto, interessava, anche perché, fin tanto che l’ aquila era nella sua gabbia, potevo sperare che, presto o tardi, quella ragazza sarebbe ritornata nel Parco, per rivederla, ma ora, che anche quella probabilità era del tutto svanita, l’unico luogo dove, poterla, ancora, incontrare, era di rivederla salire sul vagone merci in partenza da Cavazzale.

Riferendomi ormai alle brutte pieghe che il mio curriculum scolastico, in materia di scomparse, aveva preso, anche di quella eventualità era inutile che mi illudessi, e che, pertanto, la sola speranza che ancora mi restava di incontrare quella ragazza, era di immaginarmela, felice e contenta, a godersi la vita in una delle città di suo gradimento, dove far valere, nel massimo delle sue capacità, la sua inconfondibile bellezza. Ai posteri, comunque, l’ardua sentenza.

(da biblioteca di Monticello C.Otto)

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