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L’AUTORE. Silvia Sgnaolin, segnalazione dalla biblioteca di Sovizzo

Un tempo per pensare

Silvia Sgnaolin

Alzo gli occhi verso il cielo, accaldata. Tra le fronde degli alberi sbuca qualche stella. Il sole è ormai tramontato ed il cielo indaco accoglie un blu brillante. Un proverbio svedese dice: "Una vita senza amore è come un anno senza estate". Forse perchè l'estate, come l'amore, ti carica di aspettative appena palpabili. Non sai di cosa hai voglia, e più tenti di concretizzare il solletico che senti alla bocca dello stomaco, più questo sfugge. È come toccare lo zucchero a velo. Sprofondo nel cuscino su cui sono seduta e mi guardo intorno. Sono tutti frenetici, elettrici. Le persone hanno questa smania di non perdersi la vita, che li circonda come un'aura. Vicenza pare una signora d'altri tempi. Ti affascina mutamente e ti cattura a sè. È malinconica in autunno, con l'aria frizzante che ti stuzzica le guance e Monte Berico illuminata dal sole, che si staglia su un cielo limpido, tra le foglie dorate degli alberi. È romantica d'inverno, quando tra le luci ed i mercatini natalizi ti fa sentire in un vicolo vagamente parigino, sognante ed eterno. È fresca in primavera, colorata e briosa. Cammini scorgendo giochi di luce su palazzi d'epoca, adornati con fiori alle finestre. Ma d'estate dà il meglio di sè, dà tutta sè stessa. Vicenza rinasce, e tutto prende senso, proprio nell'esatta stagione in cui siamo stati abituati a lasciarci andare, a non pensare al futuro, a non pensare alle cose, nè al loro significato. Fin da piccoli ci hanno insegnato che l'estate è quel periodo di tempo che ti permette di prendere fiato e di staccare la spina. Ma a diciott'anni, nel mondo reale, una volta staccata la spina spesso non sai più dove riattaccarla. La verità è che sono inquieta pensando al domani, nonostante a volte mi ci senta già, nel mio futuro. Tutto scorre ed il presente ed il futuro si fondono e in un attimo tu sei più in là dei tuoi pensieri. Forse devo fare come ho sempre fatto: aspettare. È che nonostante i miei ventiquattro anni, sento di essere in ritardo . Oscillo tra persone che mi ritengono nel fiore degli anni, e altre che, stringendo i denti, mi dicono che ormai sono alla fine dei giochi. Il mio settembre è già arrivato e non me ne sono accorta? Sono consapevole che là fuori sia dura, e lo sarà sempre, anche dopo che troverò un equilibrio. Ma è giusto ritenere "equilibrio" il lavoro? È un periodo così difficile, da essere arrivati a credere che trovato quello, troviamo la felicità? Siamo abituati a sentirci dire che il divertimento, perfino l'amore, in tempi di crisi devono venire dopo, che prima dobbiamo concentrarci sulla nostra vita. Ma la vita, infondo, è emozionarsi passeggiando nella propria città, guardando il solito film, annusando le pagine del proprio libro preferito, tenendo la mano alla persona che ci fa battere il cuore, passando il pranzo della domenica in famiglia... Cammino sul ghiaino polveroso ed esco dai Giardini Salvi. Calpesto i vecchi sampietrini, verso Piazza dei Signori. È così viva, stasera, Vicenza. Allora è vero che d'estate la gente rinasce. Sembrano tutti sorridenti. E io? Ci penso spesso, a come mi vedono gli altri. Forse troppo. E forse, nella vita, dico troppi forse, per questo non concludo niente. La verità è che non mi sono nemmeno presa un po' di tempo per me, per pensare. Neanche all'inizio, finito scuola. Sono uscita dall'istituto e sono stata catapultata tra gli adulti, nessuna via di mezzo, nessun "Te la senti?, puoi aspettare". Forse perchè la vita è così. Forse, appunto. In Piazza dei Signori, dove spicca lucente la Basilica, camminano tutti. Io vedo centinaia di persone in un unico posto e non ci credo che tutti loro non abbiano almeno una preoccupazione. Allora perchè mi sento con l'acqua alla gola? Perchè sono costantemente in compagnia della sensazione che il tempo scorra inesorabile? Forse ho paura di essere catapultata in un'altra fase della mia vita. Aspettare settembre per ricominciare è da irresponsabili? Posso prendermi del tempo? E perchè me lo chiedo, devo deciderlo io. È che ho troppa paura di perdere occasioni, mentre le perdo nello stesso istante in cui mi privo di qualcosa di mio. La luna è ormai alta in cielo. In fondo alla piazza, scorgo due sagome familiari, le mie amiche mi salutano da lontano e mi vengono incontro. Incredibilmente mi sento già più sollevata. "Allora, dove andiamo a berci qualcosa?" mi domandano, dritte al punto. Così ci dirigiamo al bar; d'altronde, la notte è giovane, la serata è ancora nostra e infondo...è estate. (da biblioteca di Sovizzo)

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